A Novembre, il 17, il mondo ha celebrato la giornata dedicata ai bambini nati prematuri: piccoli grandi guerrieri che lottano per poter vivere (qualcuno li ha definiti “leggeri come piume e forti come leoni”) – con l’aiuto determinante di scienza e tecnologia, di medici e di genitori che spesso affrontano grossi sacrifici per star loro vicini.
E’ importante informare e sensibilizzare l’opinione pubblica. Per questo è stata indetta la “giornata mondiale”.
Parlando dell’argomento, Il Secolo XIX per esempio, constata che i parti prematuri non sono più un’eccezione, anzi, sono in costante aumento: ogni anno in Italia 50mila bambini nascono prima del compimento della 37esima settimana di gestazione, nel mondo occidentale i parti prematuri oscillano tra il 7 e il 10%.
Nascere prematuro, per il bambino , è un bel problema. Il neonato, non solo perde il calore dell’ambiente uterino, ma a causa dell’immaturità dei suoi organi va incontro a una serie di complicanze (tanto più a seconda della precocità della nascita) che possono coinvolgere il sistema respiratorio, neurologico e metabolico. Andrebbero seguiti, questi bimbi, sino ai cinque-sei anni di vita per capire la natura di alcune problematiche cognitive lievi legate alla prematurità (che di per sé comunque non impedisce di avere in futuro una vita intellettuale normale).
Certo, come per tutti i problemi, prevenire è meglio che curare.
Quindi sapere quali sono le cause dei parti prematuri è importante.
Il professore Luca Antonio Ramenghi, intervistato dal Secolo XIX, dice: «La percentuale di donne che partoriscono tra i 30 e i 37 anni è in continua crescita,... ma ci sono (fra le cause) anche lo stile di vita e le tecniche di fecondazione assistita con un aumento dei parti gemellari».
Come? La fecondazione artificiale, allora, comporta qualche inconveniente! En passant, ma finalmente, qualcuno l’ha ammesso.
Noi lo predichiamo da tempo infinito: la fecondazione artificiale comporta la morte e l’eliminazione di 8 bambini su 10 e in più un alto rischio di parto prematuro (che – come abbiamo visto – è un problema non da poco per il piccolo).
E poi c’è lo “stile di vita”. Magari, andando a guardar bene tra le riviste scientifiche, si scopre che le donne tardano a far figli, e quindi poi hanno parti prematuri, perché tutte le pillole e i veleni, che incamerano fin dall’adolescenza per “curare” “la salute sessuale e riproduttiva”, fanno loro del male! Perché non si dice chiaro e forte che la contraccezione chimica comporta sterilità e aumenta la possibilità di parti prematuri?
E l’aborto? Perché nessuno dice che l’aborto volontario è un fattore di rischio determinante per il parto prematuro?
Evidentemente chi ha a cuore la “salute sessuale e riproduttiva” delle donne, non ha in nessun conto la salute tout court della donna, né quella dei bambini che potrebbe decidere di far nascere in futuro.
Continua il Secolo XIX: “Aumentano le nascite pretermine, ma, fortunatamente, diminuisce il tasso di mortalità. Oggi c’è un’aspettativa di vita che parte dalla 23esima settimana di gestazione...” Evviva. Salviamo i bambini che per disgrazia nascono a 23 settimane. Ma non salviamo quelli abortiti a 23 settimane che nascono vivi e vorrebbero – poveretti – non morire d’abbandono in mezzo ai rifiuti ospedalieri... Abbiamo pubblicato da poco la notizia del rifiuto pilatesco dell’Alto Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa di occuparsi di queste povere creature. Ci chiediamo se questo mondo sia vergognosamente ipocrita o totalmente schizofrenico. Forse tutte e due le cose.
Intanto continuiamo a inneggiare alla scienza che salva i bambini prematuri e continuiamo a sterminarli con sistemi atroci: dipende solo se sono desiderati o meno dalle madri?!
Ancora il Secolo XIX: “A curare e aiutare i neonati pretermine è soprattutto il calore dei genitori : recenti studi hanno dimostrato i benefici effetti della marsupioterapia, tecnica sviluppata nel 1978 in Colombia che consiste nel poggiare il bimbo sul petto della mamma, pelle contro pelle in un caldo abbraccio... per far stare più tranquilli i neonati all’interno dell’incubatrice. Ottimo. Questo fa bene ai neonati prematuri. Farà bene – quindi – ai neonati in genere. E magari non serve neanche una specializzazione medica particolare per capirlo.
Forse, però, bisognerebbe specificare a quale mamma si riferisce, il professore: la mamma biologica, quella gestazionale, la committente o il committente, magari dal petto villoso?
Francesca Romana Poleggi