Il premio Madre Teresa è stato assegnato a tutte le mamme d’Europa “per l’accoglienza e il coraggio”. Consegnato simbolicamente a mamma Irene e alla memoria di Chiara Corbella.
Diversi modi di declinare la maternità: dall’affidamento allargato alla scelta di portare avanti una gravidanza a rischio, fino a rifiutare le cure che potrebbero danneggiare il nascituro ma salvare la propria vita. La quinta edizione del Premio europeo per la vita, intitolato a Madre Teresa di Calcutta e istituito dal Movimento per la vita, si è svolto ieri mattina – anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – in Campidoglio, a Roma, assegnando il riconoscimento a donne normali e speciali al tempo stesso: a tutte le madri d’Europa «nella generosità più estrema, perché con la loro accoglienza e il loro coraggio riconoscono concretamente che il loro figlio è Uno di noi”.
Abbiamo scelto di dedicarlo alla Beata Teresa, madre non tanto perché suora, ma perché pronta ad accogliere ogni piccolo e povero della terra», spiega Carlo Casini, presidente del Mpv. Interverranno il ministro Andrea Riccardi, il sindaco Gianni Alemanno e il direttore del quotidiano “Avvenire”, Marco Tarquinio.
Il premio è stato consegnato simbolicamente alla memoria di Chiara Corbella Petrillo (a ritirarlo, il marito Enrico), a mamma Irene di Nomadelfia e all’associazione La quercia millenaria, presieduta da Sabrina Pietrangeli Saluzzi, «che testimoniano o hanno testimoniato in modo eroico il coraggio materno», precisa Casini, che ci tiene a sottolineare «il senso di questa cerimonia: riempire un vuoto, invitare allo sguardo verso il più piccolo e povero tra gli esseri umani».
Ma chi era Chiara Corbella? Una moglie e una madre stroncata da un tumore a soli 28 anni il 13 giugno scorso. Dopo aver portato a termine due gravidanze difficili e aver dato alla luce Maria e Davide, morti poco dopo la nascita, ha scoperto di avere il cancro durante la terza gravidanza, scegliendo di far nascere Francesco e di sottoporsi soltanto dopo a chemioterapia e radioterapia, che avrebbero compromesso la gestazione. «Ha preferito donare la sua vita pur di far nascere il figlio», evidenzia il presidente del Mpv. La testimonianza di Chiara continua a seminare speranza e coraggio in tante famiglie: numerose, infatti, sono quelle che scrivono commenti sul sito ufficiale www.chiaracorbellapetrillo.it.
La quercia millenaria (www.laquerciamillenaria.org) sostiene mamme che vivono o hanno vissuto un’esperienza simile a quella delle prime due gestazioni di Chiara Corbella e che «non hanno negato la vita al proprio figlio, pur avendo avuto conoscenza durante la gravidanza di una sua malformazione talvolta così grave da essere incompatibile con la vita dopo la nascita», riferisce Carlo Casini.
Fondata nel 2005, è l’unica associazione in Italia che assicura «l’assistenza alla gravidanza con ogni tipologia di malformazione fetale, proponendo la cura in utero ove possibile, oppure l’accompagnamento del bambino ritenuto “incompatibile con la vita” – rileva la presidente, Sabrina Pietrangeli Saluzzi –. Abbiamo seguito centinaia di famiglie, vedendo nascere e recuperare la salute a molti bambini considerati precedentemente terminali». E l’associazione è riconosciuta a livello internazionale quale unico Hospice perinatale italiano, con un servizio volontario di caring perinatale al Policlinico Gemelli di Roma.
Infine, a ritirare il premio anche mamma Irene di Nomadelfia, la prima mamma per vocazione della nota comunità fondata da don Zeno Saltini (www.nomadelfia.it). Nel 1941 – durante la seconda guerra mondiale – era una giovane studentessa: scappa di casa e va dal sacerdote a San Giacomo Roncole, vicino a Mirandola (Modena), dove lui accoglie come figli bambini abbandonati e ha fondato l’Opera piccoli apostoli. Irene offre la sua disponibilità a far loro da madre e don Zeno, con l’approvazione del vescovo, le affida i più piccoli. Il suo esempio verrà seguito da altre “mamme di vocazione”.
di Laura Badaracchi
L’articolo è stato pubblicato da diverse testate giornalistiche: