Il premio Nobel per la pace 2014 è stato assegnato all’indiano Kailash Satyarthi e alla ragazza pachistana Malala Yousafzay , già insignita, lo scorso anno del premio Sacharov (nella foto) “per la loro battaglia contro la repressione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’educazione”.
Ne hanno dato notizia diverse testate testate giornalistiche, dove si possono leggere i particolari riguardanti questi due paladini dei diritti umani.
Per noi questo riconoscimento è molto significativo: i bambini non vanno sfruttati e schiavizzati, i bambini hanno diritto di vivere liberi e amati; i bambini hanno diritto a istruzione ed educazione perché hanno diritto di crescere nel corpo e nello spirito, e di sviluppare la propria personalità. Certamente questo Nobel potrebbe, dovrebbe, creare un certo imbarazzo a quei sistemi politico religiosi integralisti in cui la dignità dei bambini ( e delle bambine) viene calpestata sistematicamente e “istituzionalmente”.
Ad esser coerenti, questo Nobel dovrebbe creare un certo imbarazzo anche in chi sostiene che i bambini non hanno diritto di nascere (se non sono attesi, graditi e accettati dalla madre e dalle persone che le sono intorno); né dovrebbero sentirsi a proprio agio quelli che ritengono che l’educazione dei piccoli non debba avvenire in famiglia, ma nelle scuole di sesso precoce LGBTQ. All’annuncio del presidente del comitato per il Nobel, Thorbjoern Jagland, avrebbero dovuto tremare un poco le vene ai polsi di coloro che ritengono che i bambini possano essere creati in laboratorio, comprati e venduti, assemblati e scartati, partoriti e staccati dal grembo che li ha portati, per soldi...
Ma abbiamo un fondato timore che la coerenza non sia di questa gente: la cultura mortifera, edonista e materialista che promuove aborto e utero in affitto (passando per fecondazione artificiale et similia) è ben capace, spudoratamente, di plaudire ai premi Nobel appena assegnati, continuando contemporaneamente a trattare i bambini come oggetti senza alcun diritto e senza dignità.
Francesca Romana Poleggi