Una precisazione, dedicata al Consigliere Cecchetti.
Se i preservativi fossero la soluzione giusta per fermare la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, considerando i milioni (miliardi?) spesi – da decenni – in paesi “civili” come gli Stati Uniti per i programmi “sesso sicuro”, che incoraggiano l’uso del preservativo, oggi le infezioni dovrebbero essere nettamente in diminuzione. Invece, la stampa americana oggi pubblica titoli che lanciano l’allarme: le malattie sessualmente trasmissibili colpiscono un quarto delle ragazze adolescenti statunitensi. Uno studio rileva che la più comune è l’HPV (papilloma virus).
Del resto già nel 2001, un gruppo scientifico governativo (non pro life!) sponsorizzato da CDC (Center for Disease Control and Prevention), NIH (National Institutes of Health, FDA (Food and Drug Administration), e USAID (United States Agency for International Development) ha analizzato 138 pubblicazioni scientifiche per concludere che non ci sono prove sufficienti per determinare l’efficacia del preservativo per prevenire la maggior parte delle malattie sessualmente trasmissibili.
Il Washington Post denunciò che alcuni funzionari della sanità ritennero di non diffondere tali risultati. Ma poi la cosa è venuta fuori: Jeff Spieler, un funzionario dell’USAID, ha detto al Washington Post che la notizia non doveva essere diffusa perché (ammirate la coerenza di tale affermazione) “qualsiasi messaggio che minimizza il ruolo e l’importanza di un uso corretto del preservativo può avere un estremamente effetto negativo sulla prevenzione dell’HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili”.
Quando l’ideologia acceca la ragione, le contraddizioni sono tanto grandi quanto incredibili.
Francesca Romana Poleggi