09/12/2020 di Luca Marcolivio

Pro Vita & Famiglia contro la Ru486, De Mari: «L’iniziativa ci ricorda che con la pillola si può morire»

L’ultima campagna di Pro Vita & Famiglia è particolarmente efficace perché svela ciò che viene colpevolmente omesso sulla Ru486: è un veleno e comporta forti rischi per la salute della donna. A sottolinearlo è la dottoressa Silvana De Mari, medico e scrittore, che, per l’occasione, ha spiegato a Pro Vita & Famiglia i motivi dietro la martellante campagna mediatica a favore di questo metodo abortivo.

 

Dottoressa De Mari, qual è, a suo avviso il punto di forza della campagna di Pro Vita & Famiglia contro la Ru486?

«Mostrare una donna svenuta per terra dal dolore o forse per emorragia è un’immagine significativa perché evoca i reali rischi che si corrono con la Ru486. Dal punto di vista delle conseguenze fisiche e psicologiche, l’aborto chimico è infinitamente più grave di quello chirurgico».

Quali sono, nel concreto, i rischi per la salute della donna che ricorre all’aborto chimico?

«Durante un aborto chimico, la donna viene immersa in un ambiente di morte, sente il suo bambino agonizzare dentro di lei. Quel dolore si stamperà nella sua memoria. Rispetto a quello chirurgico, l’aborto chimico è più traumatico dal punto di vista psicologico. La Ru486 rende le donne soggette ad emorragie e a infezioni. La donna che assume la Ru486 prova dei dolori talmente intensi che si rende necessario il Toradol, uno degli antidolorifici più potenti. L’aborto chimico decuplica i rischi per la gestante, a partire dal rischio di morte. I dati reali sulle morti provocate dalla Ru486 sono difficilissimi da ottenere, mancano tutti i dati del terzo mondo ma anche qui in Occidente sono difficilmente accessibili. Se non c’è una famiglia che si intestardisce ad avere l’autopsia per una gestante morta improvvisamente, è difficile aprire un dibattito».

È pertinente, come fa la campagna di Pro Vita & Famiglia, definire la Ru486 un «veleno»?

«La medicina è nata col compito di curare i malati, non di far ammalare i sani. La Ru486 può apportare una serie di squilibri, è un veleno per la madre e per il feto, tanto è vero che è stato definito “pesticida umano”. È estremamente grave, comunque, che nessuno dica che esiste un antidoto: attraverso l’assunzione di grosse dosi di ormoni si può annullare l’azione del farmaco non solo sul feto, quindi l’aborto, ma anche sul corpo della madre».

Ciononostante, si continua a celebrare l’aborto chimico e “domiciliare” come una conquista di civiltà e un passo avanti nella libertà delle donne…

«La banalizzazione dell’aborto chimico è spaventosa ed è qualcosa che può essere fatto solo se si resta assolutamente indifferenti al dolore delle donne e alla loro salute. La posticipazione del limite di due settimane per l’aborto chimico è stata accolta in Italia come una grande festa di libertà. Al contrario, giova osservare che, ogni giorno che passa cresce il rischio che, praticando l’aborto chimico, restino nell’utero parti della placenta non espulse. È incredibile assistere all’indifferenza nei confronti della salute fisica e psichica della donna e vedere persone che, senza alcuna competenza, discettano sull’aborto chimico. Il loro unico scopo è banalizzarlo. Bisogna inventarsi che l’aborto è indolore e che si può effettuare in casa con pochi disturbi. Persino a costo di determinare la malattia e la morte della gestante. Anche per questo l’ultima campagna di Pro Vita & Famiglia è così importante».

Quali sono le ragioni dietro questa propaganda a tamburo battente, a favore della Ru486?

«La prima ragione è di natura economica. Si vuole spingere le donne a praticare un tipo di aborto che è molto meno costoso di quello chirurgico. L’aborto chirurgico viene praticato alla presenza di un anestesista e di un ginecologo: in questi casi non sempre avviene l’espulsione, quindi bisogna ricorrere al raschiamento. Con l’aborto chimico, invece, se non avviene l’espulsione del feto, la donna dovrà essere portata in sala operatoria ma, a quel punto, l’aborto sarà comunque in atto. Quindi, anche in presenza di un medico obiettore, l’aborto avverrà di sicuro. Gli aborti chirurgici stanno diventando più rari, perché è sempre maggiore il numero dei medici obiettori. Ciò avviene non perché siano in aumento i medici cattolici (al contrario, sempre meno gente va a messa…) ma perché, per un medico, è nauseante estrarre un corpicino e vederlo smembrato. Quindi l’aborto chimico permette di aggirare questo strazio. Il secondo motivo è di carattere ideologico. Si vuole ridurre l’aborto a una cosa semplice: prendi una compressina ed è fatta. Con la Ru486, la donna abortisce in casa sua, si può gettare il “prodotto del concepimento”, o meglio il bimbo, assolutamente riconoscibile come tale, nel water, o nell’assorbente. Per tutte le ragioni che ho detto, però, questa narrazione è completamente falsa».

 

 

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