03/02/2014

Problemi in provetta, le verità nascoste

Il mio articolo sulla diagnosi preimpianto degli embrioni ha suscitato obiezioni irritate che mi lasciano francamente stupita.

Nel pezzo pubblicato su Avvenire, ho semplicemente riferito alcuni dati di un recente lavoro scientifico (Current issues in medically assisted reproduction and genetics in Europe: research, clinical practice, ethics, legal issues and policy, in European Journal of Human Genetics(2013), 21, S1-S21, J.C. Harper et al.) che fa il punto su diversi a spetti delle tecniche di fecondazione assistita.

Si tratta di un contributo attendibile e rigoroso, redatto da esperti del settore; ne ho riportato qualche parte, minima rispetto a quanto presentato, ma significativa per quanto riguarda le diagnosi preimpianto (Pgd, Diagnosi genetica preimpianto, e Pgs, Screening genetico preimpianto).

Eventuali contestazioni sui dati dovrebbero dunque essere contestate agli autori dell’originale, e non certo a me; però, stranamente, chi ha mosso critiche al mio pezzo ha anche lodato lo studio che ho citato. Non si capisce quindi su cosa si fondino le obiezioni. Ma andiamo al cuore della questione: è vero o no che nell’embrione in terzo giorno, quando si potrebbero prelevare una-due cellule per la Pgd, c’è un alto livello di mosaicismo cromosomico? È vero o no che si consiglia di fare la biopsia più tardi, in stadio di blastocisti, per prelevare più cellule, ma che il problema è che meno embrioni raggiungono in coltura questo stadio? È vero o no che se ne consiglia il congelamento per avere più tempo per le indagini?

È vero o no che si consigliano comunque indagini prenatali su eventuali gravidanze dopo Pgd, per verificare se effettivamente il feto è sano? Sono veri o no i dati riportati sulla Pgs? Se questo è falso, allora le critiche, come ho detto, si dovevano muovere agli autori, scrivendo direttamente alla rivista e argomentando sul piano scientifico le proprie contestazioni. Insomma, se si critica il mio pezzo e non la fonte da cui sono tratti i dati, sorge il sospetto che l’irritazione nasca solo dal fatto che quei dati vengano diffusi, e non lasciati agli addetti ai lavori.

Chi mi accusa genericamente di aver dato informazioni inesatte (ma vorrei sapere più puntualmente quali) ribatte che l’efficacia delle tecniche (Pgd) è superiore al 95% precisando che è un dato riferito alle cellule esaminate. Ma per arrivare a questa percentuale, quanti embrioni si devono creare? E quanti se ne scartano? In altre parole: quale sarebbe l’efficacia, se si tenesse conto di tutti gli embrioni creati inizialmente, e non solo di quelli sopravvissuti alle manipolazioni (biopsie, coltura, congelamento)? Il punto centrale però che mi si contesta è di aver scritto solo delle problematiche di queste tecniche: un pezzo sbilanciato, quindi, che darebbe informazioni distorte mettendole in cattiva luce. Ma chi scrive questo sarebbe credibile se, con altrettanta veemenza, protestasse anche quando i «grandi» giornali lanciano nuovi test genetici che garantiscono un figlio sano, purché in provetta; chi mi accusa di parzialità, per essere attendibile, dovrebbe protestare anche quando gli studi televisivi si riempiono di madri cinquantenni che tessono lodi sperticate della maternità tardiva grazie alle tecniche di laboratorio.

Perchè accusare me di essere fuorviante, se riferisco dati di letteratura scientifica in relazione alle problematiche di una tecnica, e tacere sempre, quando invece i media danno messaggi falsi, come la certezza di un figlio sano, o la possibilità di essere madri a qualsiasi età, con la fecondazione in vitro, tacendo per esempio sulle percentuali enormi di fallimento?
Non ho mai letto articoli indignati al riguardo, da parte degli addetti ai lavori, che al massimo ne parlano al chiuso dei loro convegni, o ne scrivono su riviste scientifiche, ma stanno ben attenti a non diffonderne i contenuti.

E ancora: attenzione a dire che una manciata di sentenze di qualche tribunale civile, nel corso di dieci anni, ha smontato la legge 40. Se questo è il criterio, dobbiamo dedurre che il decreto Turco-Fazio sulle cure compassionevoli è ormai stato polverizzato dalle oltre 200 ordinanze in poco più di un anno che hanno consentito di accedere al «metodo Stamina». Chi plaude all’intervento dei giudici perchè si riconosca il diritto al figlio sano, e perché l’assoluta autodeterminazione sia il perno del servizio sanitario, non si lamenti poi se ai giudici ci si rivolge anche per il diritto a curare il proprio figlio con terapie discutibili.

Infine: sono convinta che le diagnosi preimpianto siano una forma di eugenetica, perché la selezione di un essere umano su base genetica non si può onestamente chiamare in altro modo.
Concordo con gli autori dell’articolo originale sul fatto che chi si avvicina alle tecniche di procreazione assistita debba conoscere bene il percorso che sta per iniziare, in tutte le sue fasi e nella sua complessità, e, aggiungo io, in piena trasparenza e senza false scorciatoie ideologiche che lascino intendere certezze che non ci sono.

Assuntina Morresi

Fonte: Salute Femminile

Blu-Dental

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.