Al Presidente Nazionale della S.I.P.
Al Presidente della S.I.P.P.S.,
Al Presidente della S.I.Cu.P.
Al Presidente Nazionale della F.I.M.P.
Al Presidente della A.C.P.
Al Presidente della C.I.Pe.
Al presidente della S.I.N.P.I.A.
Ufficio Stampa A.C.P.
Gentili colleghi, gentili insegnanti, cari amici
Vorrei con voi riflettere su quanto sta accadendo in questi ultimi tempi nella scuola italiana, a partire dai primissimi anni degli asili nido fino alle scuole superiori
in materia di educazione sessuale.
Secondo me, e secondo ben più autorevoli colleghi psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri infantili, per perseguire la giusta lotta volta a contrastare il bullismo omofobico e transfobico, vengono utilizzate proposte che confondono e disorientano.
L’UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, il cui documento inviai a molti di voi in tempi non sospetti un anno fa esatto) e il ministero per le Pari opportunità hanno affidato all’istituto Beck la formazione per insegnanti ed alunni a partire dalle scuole dell’infanzia.
Negli asili di Venezia invece (ma sta dilagando in tanti altri plessi scolastici sparsi per l’Italia) vengono adottate fiabe con personaggi omosessuali, o con riferimento a ciò che avviene nel mondo animale. Questo materiale arriva direttamente nelle mani di piccoli e piccolissimi senza una adeguata valutazione dei tecnici e del personale competente, spesso in contrapposizione all’educazione impartita in famiglia, e su argomenti che non godono di largo consenso, anche nel mondo scientifico.
Questo tipo di formazione si prefigge come fine quello di decostruire l’ordine naturale fondato sulla differenza sessuale maschile-femminile, per imporre il primato del genere, cioè di una soggettiva percezione della propria identità sessuale completamente svincolata dalla realtà corporale sessuata della persona; inoltre, si vuole demolire nei bambini una visione etero-normativa della realtà umana, insegnando la
“uguaglianza ”, di qualsiasi orientamento sessuale come quello omosessuale, transessuale, bisessuale, etc ( includendo le 56 “varianti di genere”) .
Estrapolo dal documento:
“Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva
eteronormativa (cioè che assuma che l’eterosessualità
sia l’orientamento “normale”, invece che uno dei
possibili orientamenti sessuali).
Tale punto di vista, ad esempio, può tradursi
nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà
di una donna e la sposerà.”
“Non dividere gli studenti (ad esempio per fare un
compito) in ragazzi e ragazze, o non assegnare attività
diverse a seconda del sesso biologico.”
“Essere consapevoli dei diversi modi in cui in classe si
sostengono stereotipi basati sul genere. Questo può
avvenire tra gli studenti, ma talvolta può accadere anche
agli stessi insegnanti. Ad esempio, il docente potrebbe
aspettarsi che gli studenti di sesso maschile siano più
avventurosi o portati per le attività all’aperto rispetto alle
studentesse. Oppure potrebbe aspettarsi che gli studenti
abbiano dei particolari interessi in quanto maschi (ad
esempio, guardare la Formula 1 o giocare ai videogiochi)
o in quanto femmine (ad esempio, essere interessate alla
cucina o allo shopping). Riconoscere (soprattutto in se
stessi) e mettere in discussione tali pregiudizi può essere
faticoso, ma aiuta a creare un ambiente più accogliente
per tutti gli studenti.”
Nell’elaborazione di compiti, inventare situazioni che
facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed
espressioni di genere. Per esempio: “Rosa e i suoi papà
hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni
lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”
In buona sostanza non volendo evidenziare le differenze che contraddistinguono il maschile dal femminile si rischia nel giovane un processo educativo opposto, indebolendo e rendendo più fragile la sua identità, creando insicurezza e incertezza, e sicuramente disorientando su quello che si sente di essere.
Come rilevano psicoterapeuti e psicologi clinici della età evolutiva, è proprio la mancanza di un’identità solida e formata alla base del bullismo e della violenza fra adolescenti.
Se poi questa opera di destrutturazione la rivolgiamo ad un bambino di pochi anni, che sta cominciando a comprendere le differenze fra maschio e femmina per trovare la sua identità e la sua differenziazione, compio a mio parere un atto criminale, un esperimento che ferisce profondamente la strutturazione di quel bambino creando i presupposti per un disturbo della sua identità, e del suo futuro sociale, a meno che non ci sia alla base una forza ideologica che mira ad omogeneizzare gli ormai 50 generi sessuali, che al grido dello slogan molto in voga “love is love” rende tutto possibile e lecito.
Come in altre mie lettere, invito tutti voi, che avete a cuore l’infanzia, e la volete difendere non solo dalle patologie, dalle incurie, dalle violenze, dall’abbandono, dallo sfruttamento, ma anche dalle manipolazioni ideologiche e culturali, a scendere in campo, a far sentire la vostra voce, tanto più occupate posti professionali e culturali di rilievo.
La vostra autorevolezza è ben altra cosa dalla buona volontà di un pediatra di famiglia di provincia.
Comprendo che sia un argomento politically uncorrect, perché il pensiero comune è talmente unidirezionale, che qualsiasi intervento in questo senso viene additato di omofobia, ma confido che la ragione ed il bene possano avere sempre il sopravvento.
Con stima.
Dott. Giovanni Bonini
Pediatra
Pistoia