La propaganda Lgbt non resiste di fronte alle prove della scienza. Semplicemente soccombe.
È questo il quadro che emerge dalla ricerca “Sexuality and Gender. Findings from the Biological, Psychological, and Social Sciences”, i cui risultati sono stati resi noti dalla rivista americana di scienza, etica e tecnologia The New Atlantis.
Questo ampio studio – il più corposo mai effettuato sui temi cari al mondo Lgbt – ha visto coinvolti per tre anni due ricercatori di fama mondiale: il dottor Lawrence S. Meyer, professore di Statistica e Biostatistica all’Arizona State University e ricercatore al Dipartimento di Psichiatria della Scuola di Medicina della Johns Hopkins University e il dottor Paul R. McHugh, professore di Psichiatria e Scienze Comportamentali alla Scuola di Medicina della Johns Hopkins University e primario di Psichiatria presso il John Hopkins Hospital per oltre 25 anni. A loro si sono affiancati diversi esperti, tra cui la dottoressa Laura E. Harrington.
L’équipe di ricerca ha raccolto, esaminato e valutato i 200 più importanti studi pubblicati in peer-review pubblicati dal 1950 ad oggi sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.
Il risultato consiste in un resoconto di 143 pagine che smentiscono punto per punto i luoghi comuni della propaganda Lgbt. In particolare, dallo studio di Meyer e McHugh emergono le seguenti considerazioni:
– non è scientificamente provato che l’orientamento sessuale omosessuale è innato e biologicamente fissato
– l’ideologia gender, secondo la quale l’identità di genere sarebbe indipendente dal sesso biologico e innata, è – appunto – un’ideologia che non trova riscontro nella ricerca scientifica
– solo una minoranza sparuta di bambini che esprimono pensieri o comportamenti di genere atipici continueranno a farlo nell’adolescenza e nell’età adulta, quindi non vanno “incoraggiati” a intraprendere un percorso di transizione, men che meno a sottoporsi a trattamenti ormonali o chirurgici
– le persone con tendenze omosessuali e transgender mostrano tassi più alti di problemi di salute mentale (ansia, depressione, suicidio) e di problemi comportamentali e sociali (abuso di sostanze, violenza domestica) rispetto al resto della popolazione, fatto che non è giustificabile con l’eventuale presenza di un contesto discriminatorio.
Insomma: le tesi delle lobby Lgbt, che spesso si sentono ripetere, non poggiano su evidenze scientifiche. Sono semplicemente delle opinioni (ideologiche, appunto) create ad hoc per veicolare l’opinione delle persone e dare un preciso indirizzo socio-culturale e politico alla nostra società. Il che è ovviamente possibile in un clima dittatoriale (e infatti si sta verificando, grazie all’azione delle varie Gaystapo).
Gli attivisti Lgbt sono spesso ignari strumenti, manipolati e sfruttati da lobby potenti che hanno un preciso progetto rispetto alle persone (o, meglio, contro le persone).
Meyer e McHugh hanno solo ribadito l’oggettiva realtà delle cose, la verità sulla persona. Ed è proprio questo l’intento con cui hanno condotto la loro imponente ricerca: dare una risposta scientifica attorno ai temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere per favorire un approccio medico e scientifico che sia realmente a servizio della salute pubblica, e non al soldo delle lobby Lgbt.
Ma se anche la scienza non pronunciasse parola, basterebbe il buon senso e la ragione naturale per trarre certe conclusioni.
Redazione
Fonte: Generazione Famiglia