La Croazia ha detto “no” alle nozze omosessuali. Interpellata da un referendum, stabilisce che il matrimonio sia definito nella Costituzione come unione esclusiva tra un uomo e una donna. Polemiche sulla bassa affluenza al voto. Sconfitto il premier Zoran Milanovic, contrario alla consultazione.
“Questo referendum è una cosa molto triste”, aveva detto il premier croato Milanovic, ma la vittoria è andata all’organizzazione “Nel nome della famiglia”, che ha promosso l’iniziativa, sostenuta dalla Chiesa cattolica. Netta la vittoria sul quesito costituzionale: il 65,77% dei votanti ha detto sì alla definizione esclusiva di matrimonio eterosessuale, contro il 33,62% dei ‘no’. Bassa l’affluenza alle urne: il 38% dei 3,8 milioni circa di aventi diritto al voto. Ciò non invalida il Referendum, che in Croazia non prevede quorum di partecipazione. La modifica referendaria alla Costituzione allinea la Croazia alla Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Bulgaria, i cinque Paesi dell’Unione Europea che hanno già una definizione costituzionale esclusivamente eterosessuale di matrimonio. A nulla sono dunque valsi gli appelli contro il Referendum lanciati nei giorni scorsi dal presidente della Repubblica, Ivo Josipovic, da diversi esponenti del mondo accademico e da larga parte dei media croati, che hanno boicottato l’informazione sull’esito del voto in risposta al rifiuto dei promotori di accreditare nel loro quartier generale testate liberali e Tv pubblica. Piccata la reazione del governo di Zagabria, che definisce “inutile” la vittoria dei sì, annunciando entro un paio di settimane una nuova legge sulle unioni civili tra coppie dello stesso sesso.
Ma perché i fautori delle nozze gay paventano il ricorso al voto refendario su temi che certo toccano la vita sociale di un Paese e la vita personale dei cittadini? Abbiamo girato la domanda al sociologo Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari.
R. – Questo referendum dimostra che il sentire popolare, che l’atteggiamento delle persone rispetto al tema del matrimonio e dell’identità della famiglia è molto cauto, molto attento a custodire una storia e una tradizione millenaria che è quella dell’identità sessuale, del maschile e del femminile, delle responsabilità dei genitori rispetto ai figli. Quindi è la conferma che alcune posizioni – diciamo – estreme che chiedono l’assimilazione, il matrimonio per le persone omosessuali, sono contro il sentire comune: quella che – potremo definire – la sapienza popolare. Sono interventi – diciamo – elitari, di un pezzo di cultura, che nel mondo dei media, nel mondo della politica riesce ad avere molta più voce di quanto non abbia davanti alla gente comune.
D. – Effettivamente anche in Croazia, oltre ai partiti di centrosinistra, diversi esponenti del mondo accademico e larga parte della stampa si erano detti contrari a questa consultazione…
R. – Guardi, qui è il corto circuito dell’intellualismo. Secondo me, queste posizioni ideologiche non riescono a fare la differenza tra il rispetto, che è dovuto ad ogni persona e quindi anche secondo l’orientamento sessuale ai singoli individui omosessuali o eterosessuali che siano – e questo va garantito sempre e comunque! – e l’idea, invece, che questo renda automatico il riconoscimento della famiglia e del matrimonio come possibile sempre e comunque. Invece il popolo croato ha detto: ‘il matrimonio e la famiglia sono una cosa molto precisa, costruita, nella nostra storia, sull’amore tra l’uomo e la donna e sull’apertura alla vita. Questo vogliamo difendere!’. Nessun atteggiamento omofobo, nessun pregiudizio nei confronti della dignità della persona, ma la netta distinzione e, in un certo senso, il difendere il significato delle parole: nella parola ‘famiglia’ c’è da sempre la differenza sessuale. Chi la vuole cancellare fa un’operazione ideologica. Per fortuna il popolo riesce ancora a distinguere.
D. – La Croazia diventa il sesto Paese in Europa – insieme a Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Bulgaria – che avrà una definizione costituzionale di matrimonio esclusivamente eterosessuale. Quindi, questa è la strada giusta per evitare interventi ‘imposti’ dall’alto?
R. – E’ una strada possibile, che sta diventando più importante di quanto non pensassimo qualche decennio fa. In effetti nella nostra Costituzione italiana non è stato scritto nell’art. 29 che il matrimonio è fondato sulla differenza sessuale, perché era talmente e oggettivamente riconosciuto da tutti, che non ce ne era bisogno. Oggi sembra che ce ne sia bisogno! E’ una delle strade per difendere giuridicamente quella che è una verità naturale, che appartiene al senso comune. La nostra Costituzione parlava di famiglia come società naturale, fondata sul matrimonio, ed era automatico che fosse anche tra un uomo e una donna, ed ora dovremo aggiungerlo, per difenderlo nel linguaggio giuridico, probabilmente anche nella normativa.
D. – Il risultato referendario della Croazia può anche incoraggiare altri Paesi a chiedere consultazioni su questi temi così rilevanti?
R. – Guardi, io mi aspetto, da adesso in poi, una pioggia di critiche, di accuse di oscurantismo rispetto ai croati, di non essere un popolo moderno… Ci sarà un grandissimo dibattito. E temo che le aule europee dei vari Parlamenti e delle varie Corti di giustizia saranno molto aggressive nei confronti di questa scelta. Grazie al cielo la nostra Europa si basa sul principio di sussidiarietà: le politiche familiari e il tema famiglia sta in capo ai singoli Paesi. Quindi, l’esempio di questa consultazione è un esempio che dà conforto, nel senso che quando le persone riescono ad esprimersi, a parlare, a dire veramente ciò in cui credono su temi così fondativi dell’umano, allora viene fuori una verità più chiara di quanto non venga fuori nelle ‘imboscate’, nelle serrate degli emendamenti di legge o in tante aule di Parlamenti nazionali, regionali, comunali o anche europei. Quindi, c’è un problema di cittadinanza attiva: le persone che credono nel valore della famiglia devono farsi sentire!
Fonte: Radio Vaticana