Dopo tutto il trambusto che ha accompagnato sia l’affissione, sia la rimozione del maxi manifesto di ProVita dedicato alla sensibilizzazione contro l’aborto, è doveroso ringraziare chi davvero ci ha aiutato a perorare la nostra causa, spiegando in pochi giorni, e molto meglio di quanto facciamo noi, perché abbiamo ragione.
ProVita ringrazia – ed è ovvio – tutti coloro che hanno dimostrato grande amicizia, stima e sostegno: sono innumerevoli le manifestazioni di solidarietà nei nostri confronti (nonché di sdegno per l’atto illiberale perpetrato a nostro carico), anche di persone che si definiscono pro-194 ma che si sono accorti di vivere in un Paese non più democratico.
In tanti hanno scritto alla Raggi il loro disappunto. C’è chi – come l’amico Giorgio Celsi – ha anche raccolto un bel po’ di firme... ma verranno prese in considerazione?
In tantissimi hanno interagito con noi su Facebook e Twitter: grazie a tutti e a ciscuno! Continuate a seguirci!
Ma ProVita ringrazia sentitamente anche i detrattori, prime fra tutte la senatrice Cirinnà e diverse consigliere capitoline del PD (Michela Di Biase, moglie del controverso e catto-fluido ministro piddino Franceschini, Valeria Baglio, Ilaria Piccolo, Giulia Tempesta), la consigliera Svetlana Celli della Lista Civica, le 500 persone che hanno firmato la loro petizione on-line, nonché alcuni giornalisti che si sono scagliati nei giorni scorsi contro il cartellone e si sono compiaciuti a seguito della sua rimozione.
ProVita ringrazia tutti coloro che hanno avuto reazioni isteriche nei confronti del maxi manifesto e l’hanno fatto rimuovere per i seguenti motivi:
1
Li ringraziamo dapprima perché ci hanno fatto una pubblicità gratuita davvero insperata: un unico cartellone, seppur grande e al centro di Roma, sarebbe stato visto distrattamente da qualche migliaio di persone nei 15 giorni previsti. Invece, inaspettatamente, in meno di 24 ore lo stesso cartellone era su tutte le principali testate giornalistiche, con articoli di accompagnamento che, pro o contro, comunque inducevano i lettori a soffermarsi sulla questione. Un “risveglio delle coscienze” sicuramente molto più efficace di quello suscitabile in frettolosi passanti che accidentalmente avrebbero sollevato a malapena lo sguardo in via Gregorio VII a Roma.
2
Ma sarebbe troppo riduttivo ringraziare costoro, che ci hanno sì duramente contestato, soltanto per un po’ di pubblicità. La nostra onestà ci impone di ringraziarli anche per la veemenza delle loro impastate giustificazioni, per l’isterismo con cui hanno etichettato il manifesto come “vergognoso” o irrispettoso o addirittura “lesivo dei diritti altrui”.
Questi aggettivi, associati alle tre frasi semplici e scientificamente dimostrabili (sullo sviluppo fetale), hanno infatti scoperchiato le carte di questi signori, hanno dimostrato a tutta Italia che non ci sbagliavamo quando accusavamo i liberali progressisti di tirannico oscurantismo.
Le loro parole, da sole, hanno trasmesso a milioni di italiani il ritratto di Dorian Gray ormai svelato, smascherato dal finto perbenismo di cui si rivestivano.
3
I pro-choice hanno dimostrato che l’unica scelta che sostengono è la loro, che l’unica libertà che sta loro a cuore è quella che condivide il loro pensiero.
E se la semplice invettiva aveva già sorpreso molti sostenitori dell’aborto che non riuscivano a capire il perché di tale sdegno da parte di loro “commilitoni”, la subitanea rimozione del cartello ha provocato un vero tripudio di commenti a tutti gli articoli scritti in merito sulle varie testate, la quasi totalità dei quali va in difesa quantomeno del nostro diritto di espressione.
E tale sostegno è trasversale alle testate, alle idee politiche, persino alle idee di merito sulla 194.
Come possiamo dunque non ringraziare gli autori delle invettive a noi dirette? Dai loro articoli, infatti, tutti hanno capito chiaramente che:
1) Non hanno nozione alcuna della biologia umana o sanno mettere da parte la scienza quando fa comodo;
2) Considerano l’immagine ecografica di un feto uno scandalo;
3) Pretendono di identificare il loro pensiero con quello di tutte le donne italiane (o, evidentemente, non considerano donne quelle che la pensano diversamente da loro);
4) Ignorano il contenuto della legge 194, sbandierando come un diritto quella che invece secondo “l’intenzione del legislatore” – almeno a parole – era intesa essere un’ultima dolorosa possibilità;
5) Ribadiscono l’assoluta ininfluenza dell’altra metà dei futuri genitori nella scelta di soppressione del feto (perché i figli si fanno in due ma basta uno per decidere se abortire);
6) Dimostrano di considerare l’aborto un tabù su cui non ci si può confrontare;
7) Palesano, come unica argomentazione, il volume della voce o la forza del polso.
Un simile condensato di tutto ciò che sosteniamo da anni è stato pronunciato dai diretti interessati, senza “fuorvianti intermediazioni”, e con un tono così inviperito da lasciare senza parole persino chi è d’accordo con loro.
Come possiamo, quindi, non ringraziare chi ci ha offerto su un piatto d’argento la possibilità di dimostrare a tutti gli italiani quanto irrazionali e immotivati siano gli argomenti a sostegno della soppressione di un bambino nel grembo materno?
Ma ancor più li ringraziamo per aver dimostrato che la libertà di espressione in Italia non c’è più, per lo meno su questi temi. Li ringraziamo perché hanno spiegato, davanti a tutti gli italiani, che ci stanno togliendo l’unico bene che nessuno accetterà mai di perdere: la libertà. Perché gli uomini possono sopportare tutto, anche gli abomini, anche le torture, la fame e la sete; ma non possono tollerare di perdere la possibilità di dire la loro, nella speranza di contribuire ad un mondo migliore.
E sappiamo che “Le libertà sono tutte solidali; non se ne offende una senza offenderle tutte”, come ricordava Turati 3 anni prima di essere costretto all’esilio .
Per questo la libertà di parola e di opinione è, a ragione, uno dei fondamenti delle democrazie: dove non c’è libertà di parola non c’è neppure la possibilità di rimediare agli errori commessi in passato per migliorare il proprio futuro.
Adesso, grazie ai nostri contestatori, tutti lo hanno ben presente.
Giuseppe Fortuna