18/11/2014

Quando la vita e l’amore vincono la morte

È bello poter raccontare, tra i tanti drammi di un Paese alle prese con una profonda crisi non solo economica, ma anche e soprattutto di valori, un caso di speranza, di abnegazione e di fede: lasciamo la parola a Luca Colavolpe Severi e al portale Views&Values

È martedì e Milano si appresta a concludere un’altra giornata di ordinaria frenesia produttiva. Un’ambulanza corre per la città, come sempre nel tentativo disperato di salvare una vita in pericolo. Una donna sta male, ha trentasei anni e porta nel suo grembo un bambino di ventitré settimane. Quando arriva all’Ospedale San Raffaele di Milano i medici non possono far altro che dichiarare lo stato di morte cerebrale per lei: un’emorragia cerebrale fulminante l’ha colpita mentre era in casa.

Spesso gli ospedali decidono di staccare la spina, mettendo fine così anche alla gravidanza. Ma in questo caso no.

Grazie alla determinazione della famiglia della giovane mamma di salvare la vita del bambino, uno staff medico del San Raffaele composto da ginecologi, neonatologi e rianimatori sta cercando di far crescere il feto nell’utero della madre, in stato di morte cerebrale, per metterlo in condizioni di sopravvivere.

Da quel martedì è passata una settimana e il bambino, che oggi pesa circa cinquecento grammi, continua a vivere grazie al cuore della mamma che ancora batte, nonostante le sue attività cerebrali siano state dichiarate spente per sempre.

È lei che con il suo corpo e il suo naturale ruolo di madre, continua nonostante tutto a proteggere e cullare il proprio figlio.

Il marito e i genitori della giovane donna ora pregano Dio che il bambino possa arrivare alla ventottesima settimana, primo termine utile per procedere al taglio cesareo se il cuore della mamma dovesse smettere di battere. Cosa che i medici del San Raffaele cercano di scongiurare prodigandosi con tutte le loro forze in questa lotta contro il tempo. il feto viene monitorato giorno e notte attraverso una sonda che gli permette di essere alimentato, mentre la ventilazione artificiale fa arrivare l’ossigeno nel sangue della donna, e quindi del feto, mantenendo in vita entrambi.

L’ultimo precedente analogo risale al lontano 1993, quando Trisha Marshall, ventottenne americana, fu dichiarata in stato di morte cerebrale alla diciassettesima settimana di gravidanza. In seguito il bambino riuscì a nascere senza complicazioni alla trentaduesima settimana. Altri casi, non così complessi come questi, riguardavano donne ferite mortalmente o in coma che grazie all’aiuto dei medici sono sempre riuscite comunque a portare a termine la gestazione.

La preghiera della famiglia della giovane donna, che la sua giovane esistenza così drammaticamente spezzata si tramandi in una nuova esistenza, dovrebbe essere raccolta da ogni persona che ama la vita. È bello poter raccontare, tra i tanti drammi di un Paese alle prese con una profonda crisi non solo economica, ma anche e soprattutto di valori, un caso di speranza, di abnegazione e di fede. È proprio in casi come questi che dobbiamo ricordarci di quanto siano importanti amore e vita. È così che quella giovane madre, protetta da Dio in cui credono i suoi cari, continua a crescere il piccolo essere che porta in grembo.

Una buona novella, ogni tanto, aiuta tutti noi a trovare la forza per continuare ad amarci, a vivere, ad amare la vita.

Luca Colavolpe Severi

 

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