“Noi non vogliamo abrogare la 194”, disse al TG1 nel 2005 l’allora presidente della CEI per convincere gli italiani ad astenersi nel referendum contro la legge 40. Con quella frase infelice e mediaticamente devastante, come poi egli stesso riconobbe, il card. Ruini si era ispirato al pensiero del promotore di quella legge, il presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini.
Il quale, constatata l’impossibilità di rovesciare la 194, cambia rotta e ora la rivaluta. Vi intravvede qualcosa di “buono”, addirittura una “preferenza per la Vita”. Così ne fa l’impalcatura del suo progetto di riforma dei consultori e la blinda per sempre. Ora non può più combattere la legge senza contraddirsi. Infatti non l’attacca più pubblicamente, neppure nel giorno del suo anniversario.
Una resa inaudita. Un movimento che si dice per la Vita non ha più ragione di esistere se abbandona, solo perché difficile, la madre di tutte le battaglie pro-life: quella di spazzare via una legge assassina.
Purtroppo a dare risonanza a questa “strategia” di ripiego, c’è Avvenire con le firme di Tarquinio, Roccella, Morresi, D’Agostino, Bellaspiga e altri a cui, evidentemente, non sono servite le brucianti sconfitte delle pillole abortive e la demolizione dei “paletti” della l.40 a convincerle che contrastare queste derive facendo leva sul rispetto della 194, ha una efficacia praticamente nulla.
E ciò per due ragioni: 1) le vaghissime “norme buone” della 194, non essendo né finanziate né presidiate da sanzioni, sono poco più che aria fritta; 2) pretendere di sconfiggere i mostri che divorano la Vita senza uccidere la madre 194 che li genera è pura illusione.
Ma l’aspetto più grave – del tutto sottovalutato – è l’equivoco culturale che questo approccio può indurre nella coscienza collettiva. Se la 194 è percepita da molti come norma morale (è “causa di grave crollo morale”, si legge nell’E.V. n° 4) al punto da ritenerla causa diretta di un terzo degli aborti legali (“Maternità negata” E. Guis e D. Cavanna,), cessare di esecrarla per invocarne l’osservanza, indebolisce ancor più il senso della gravità dell’aborto, tanto più se questa logica viene espressa su giornali cattolici a larga diffusione.
Ciò non significa che sia scorretto, nell’ambito di una azione tattica (mai strategica!), far valere qualche comma della stessa 194, ma occorre farlo con prudenza e senza enfasi per evitare quel rischio culturale.
Qualità del tutto assenti, ad esempio, nelle oscure argomentazioni di Eugenia Roccella (che ama la 194, “ha fatto diminuire gli aborti”) contro la delibera della Regione Lazio di somministrare la RU486 in day hospital invocando, al solito, il rispetto della 194. Per lei tutto si riduce a una questione di salute della donna cui riconosce piena libertà di uccidere il figlio in ospedale ma, incoerentemente, non quella di scegliere come farlo, fosse pure con la RU486 da sola in casa. Silenzio assoluto sulla sorte della vera vittima, il bambino, di cui nessuno si pone il problema di salvarlo, ma solo di come ucciderlo.
Persa la battaglia vera, quella di impedire l’ingresso della pillola abortiva, anche Roccella ripiega su quelle finte che hanno come unico effetto quello di confondere le coscienze.
Ma trentasei anni di fallimenti dicono che è ora di voltare pagina. Occorre un vero movimento pro-life che rifiuti le strategie di ripiego e combatta battaglie di verità, non importa se difficili e lunghe. La sua forza sta nella sua libertà e nella chiarezza del suo linguaggio. Ora, se la 194 è “iniqua”, “un sopruso”, “decisione tirannica”, “intrinsecamente ingiusta”… (EV), uno solo è il messaggio forte e chiaro: va cancellata.
Nel frattempo si cominci ad attaccarla con restrizioni. Alla mamma si mostri l’ecografia del figlio facendole sentire il battito cardiaco, paghi l’aborto, specie se recidiva o benestante. La si inviti ad abbandonare il figlio al momento del parto per darlo in adozione alle 70 mila coppie sterili che ogni anno accedono, con esiti ridicoli, alla fecondazione artificiale, distruttrice di un numero enorme di embrioni.
Perché in trentasei anni non si è mai visto nessuno, tanto meno le penne di Avvenire, battersi per obiettivi del genere? Figurasi vederli attaccare l’intera 194!
E se questi anni di colpevoli silenzi hanno reso difficile cancellare la 194, ora occorre ripartire, studiare un piano di attacco per spazzarla via. Grazie a Dio, cresce sempre più il numero di coloro che sanno raccogliere con coraggio e passione l’esortazione a “non rassegnarsi” (E.V. 90) del santo Giovanni Paolo II.
Saranno loro a stanare e suonare la sveglia ai sonnacchiosi politici, specie cattolici. Il nuovo corso pro-life, che se vuole essere tale, fa saggiamente tesoro dei fallimenti, abbandona le posizioni difensive e si muove alla luce dell’Evangelium Vitae, enciclica del grande Karol, questa sì, ancora tutta da applicare.
Carlo Principe
Presidente CAV Benevento