Una sedicenne, una gravidanza non cercata, lo stupore che diviene paura. Poi, l’intervento di un medico. Sembra una storia scritta tante volte e che si conclude con un’operazione che ne sradica il problema.
Invece Darby, una ragazza di Washington, ha incontrato non un dottore obiettore di coscienza ma una persona corretta, di buon senso, e che ha a cuore la salute a tuttotondo delle persone che si è limitato a dire la verità ed a prospettarne le conseguenze. Nulla di più. L’uomo in camice bianco ha detto alla ragazza che molte trovandosi nella medesima situazione decidono di abortire ma “poi tutte queste donne hanno rimpianto la scelta di non avere il bambino, nessuna esclusa”. Semplice, diretto, onesto.
Ma la profonda verità di queste parole cozza contro il bombardamento mediatico a cui anche la giovane era sottoposta: per l’industria dell’aborto “quello” non è un bambino, non è un essere umano.
Di qui la possibilità di scegliere discrezionalmente il da farsi, il cosiddetto “choise right”.
E la storia scritta troppe volte sembrava tornare in scena con lo scontato finale: l’aborto. Invece Darby ha scelto sì, ma ha scelto la vita. La vita per suo figlio ed una vita senza rimpianti per se stessa.
“E ‘abbastanza sorprendente come si possa amare qualcuno così tanto ed in un lasso di tempo minimo.” afferma la giovane “Non riesco proprio ad immaginare di non avere mio figlio qui con me oggi, cosa avrei fatto se non vi fosse stato nella mia vita in questo momento. Penso che continuerei a farmi domande sul mio bambino. La vita è un dono meraviglioso. Non possiamo darla mai per scontata od arrogarci il diritto di decidere su di essa.” Forse ricordando le parole di quel medico che le ha salvato l’esistenza, conclude con un auspicio: “Scegli la vita. Non te ne potrai mai pentire.”
Redazione
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