Quanto è contraddittoria una società in cui ogni anno si celebra la festa della donna ricordando le vittime dei femminicidi ma in cui sono ammessi videogiochi violenti, che diffondono la liceità dell’omicidio e dello stupro? Stiamo parlando dell’ultima trovata virtuale per alimentare una vera e propria cultura della violenza: “Rape Day” (“giorno dello stupro”), una sorta di romanzo virtuale interattivo, chiamato “visual novel”, presente su Steam, piattaforma sviluppata dalla software house statunitense Valve Corporation.
In che cosa consiste questo videogioco che ha sollevato accesissime polemiche fino a ottenerne la rimozione dalla piattaforma stessa? Come riportato sul sito di Rape Day, si tratta di un «visual novel nel quale hai la possibilità controllare le scelte di un terrificante sociopatico durante un’apocalisse zombie. Le tue scelte condizionano la successione degli eventi della storia. Il gioco si può classificare come una dark comedy per adulti con elementi pornografici che potrebbero turbare fortemente il pubblico più sensibile». Gli ideatori del gioco, di fronte a cotanto contenuto, si sono giustificati con un’affermazione che ha dell’incredibile, ovvero che avendo scelto un soggetto sociopatico come protagonista del romanzo interattivo, automaticamente avrebbero mitigato la natura fortemente violenta e disturbante del gioco, circoscrivendone la fruizione al 4% della popolazione mondiale affetta da questo grave disturbo della personalità.
Ma proprio di fronte a questa affermazione viene da chiedersi come una realtà virtuale in cui le donne possono subire ogni forma di violenza inaudita (il protagonista, un energumeno dallo sguardo inquietante, ha la possibilità di picchiare brutalmente e violentare donne indifese e per di più, grazie ai comandi scelti da “giocatori” che non sono certo “virtuali” e che si rendono dunque complici se non coprotagonisti di tali brutalità), possa “mitigare” predisposizioni violente già presenti “in potenza” nella psiche di alcuni soggetti che ne fanno uso e non piuttosto rendere ancora più possibile che simili predisposizioni si traducano presto o tardi in atti concreti violenti e devastanti.
Evidentemente questo dubbio ha attanagliato molti utenti tanto che, in seguito alla notizia del lancio del “gioco” che sarebbe dovuto avvenire nel mese di aprile, si sono levate numerosissime proteste da parte di cittadini, community di giocatori e perfino autorità politiche (soprattutto nel Regno Unito) per non parlare poi della petizione popolare su Charge.org che in breve tempo ha raccolto 8mila firme di cittadini indignati che chiedevano la censura immediata di Rape Day. Il risultato è stato quello sperato, infatti, la piattaforma Steam, temendo un flop colossale, ha ritirato il “visual novel” adducendo la seguente motivazione: «Apprezziamo il desiderio degli sviluppatori di esprimersi e l’obiettivo di Steam è aiutare gli sviluppatori a trovare un pubblico, ma questo sviluppatore ha scelto un contenuto e un modo di rappresentarlo che ci rende molto difficile farlo». Questa vicenda dalle premesse sconfortanti ma dall’esito inaspettatamente positivo non fa che dimostrare che vale sempre la pena alzare la voce per fermare la deriva etica verso cui la nostra società rischia di andare e che esiste ancora una maggioranza sana capace di farlo. Insomma, per dirla con Tolkien: «C’è del buono in questo mondo ed è giusto combattere per questo».
Manuela Antonacci