Quella che Gilbert Keith Chesterton, a suo tempo, aveva profeticamente definito la «grande marcia della distruzione intellettuale» rischia di fare, a breve, un tragico passo avanti in Europa. Un passo in avanti istituzionale, per di più. Sì, perché il prossimo 23 giugno - o massimo il giorno successivo – sarà l’Europarlamento ad essere chiamato a pronunciarsi su un documento che rappresenta un perfetto e micidiale capovolgimento di tutto ciò che sono il diritto naturale e il buon senso in materia di vita, famiglia e libertà educativa.
Stiamo parlando del Rapporto Matić – così denominato dal nome del relatore, il croato Predrag Fred Matić - sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’Ue; di fatto, una riproposizione, purtroppo peggiorativa, del già pessimo Rapporto Estrella sui diritti sessuali e riproduttivi, provvidenzialmente fermato nel 2013 dagli europarlamentari che votarono contro.
In effetti, nel Rapporto Matić si trova, sotto il profilo etico, condensato ogni stravolgimento possibile: l’aborto viene surrealmente presentato come un «diritto umano» - con la difesa della vita del nascituro che diviene quindi «violenza di genere» - e non mancano riferimenti al «cambio di sesso», all’indottrinamento Lgbt, ovviamente da applicarsi nelle scuole senza il consenso dei genitori. Insomma, questo documento rappresenta davvero il peggio del peggio che si possa immaginare.
Tanto è vero che sono numerose le sigle pro life - da CitizenGo a Federazione Europea One of Us per la vita e la dignità dell’uomo, cui si aggiunge ovviamente ProVita&Famiglia – che si stanno mobilitando per fermare un’approvazione che sarebbe esiziale per l’Europa. Sì, perché se da un lato è vero che temi come l’aborto – e in generale l’assistenza sanitaria – ricadono nella giurisdizione esclusiva degli Stati membri, dall’altro se il Rapporto Matić passasse segnerebbe comunque un pesantissimo gol in favore di quella cultura autodistruttiva che, purtroppo ormai da decenni, ammorba l’Europa.
Rispetto ciò, gli eurodeputati - in particolare quelli del Partito Popolare Europeo, all’interno del quale vi sono molti contrari ma pure parecchi indecisi che saranno l’ago della bilancia -, devono pensarci non una o due, ma almeno cento volte prima di appoggiare un documento che andrebbe a spianare pericolosamente la strada a derive gravissime. Legittimare l’aborto fino ad elevarlo a «diritto umano» - e pazienza se è un «diritto umano» il cui esercizio implica l’eliminazione proprio di un essere umano, come attesta in modo inoppugnabile la biologia -, significa non solo negare la realtà, ma rafforzare una confusione etica già molto radicata a livello europeo, specie nelle giovani generazioni.
Non solo. In un Vecchio Continente che, si perdoni il bisticcio di parole, è davvero sempre più vecchio demograficamente e in preda a venti babelici, il Rapporto Matić – che è una miscela di transgenderismo oltre che, come già detto, di abortismo – rischia di destabilizzare ulteriormente, marginalizzandola, la famiglia. Quest’ultimo passaggio, attenzione, non è affatto marginale perché non la teologia bensì l’antropologia e la sociologia, pur nella loro indiscutibile laicità, sono molto chiare nell’evidenziare come non vi sia comunità, nella pur lunga storia umana, che sia sopravvissuta all’indebolimento della «cellula fondamentale della società»; e si dà il caso che il matrimonio e la famiglia, appunto, a livello europeo siano già parecchio in crisi.
Ecco che allora l’auspicabilissima bocciatura del Rapporto Matić si configura come qualcosa di assai più significativo del rigetto di un documento inaccettabile; assume, in effetti, i contorni di un «sì» al futuro che non solo l’Europarlamento ma l’intera Europa, degli Stati membri e dei popoli, non può permettersi di non pronunciare. Diversamente, inutile negarlo, saranno dolori.