Le donne della repubblica di San Marino sapranno vedere l’inganno?
La Repubblica di San Marino ha dichiarato ammissibile il referendum sull’aborto volontario che si terrà il prossimo 26 settembre.
Il quesito è: «Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?».
La trappola semantica è la stessa usata in Italia e nel resto del mondo fin dagli anni ‘70.
Primo inganno lessicale è l’espressione “interruzione di gravidanza”: un modo per nascondere la realtà dell’aborto, cioè la “interruzione” della vita di un essere umano. L’aborto, ferma un cuore che batte già dopo 6 settimane dal concepimento, quando il bambino è lungo appena 10 millimetri. La gravidanza non si interrompe mai, se il bambino non muore! Ma certamente l’espressione “interruzione di gravidanza”, o l’acronimo “IVG”, fanno meno pensare a questa verità, rispetto allo stesso termine “aborto”.
Seconda mistificazione. Se c’è pericolo di vita per la donna, come il codice penale italiano, così anche il codice penale di San Marino, all’art.42, già prevede la non punibilità per l’aborto in stato di necessità, cioè per un esimente di carattere generale presente in ogni legislazione civile.
Perfino la Chiesa cattolica ammette l’aborto se la morte del bambino non è voluta, ma è un danno collatererale, cioè la conseguenza necessaria, inevitabile, di un intervento diretto a salvare la vita di una donna incinta.
Quello che vuole, in realtà, il referendum sanmarinese è la stessa cosa che ha voluto la legge 194 nostrana: l’aborto libero e a richiesta, fino al nono mese. Infatti, che cosa significa “pericolo per la salute psicologica” della madre? L’espressione è molto generica e per un medico compiacente può voler dire tutto e il contrario di tutto, soprattutto da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute come “pieno benessere fisico e psichico”.
Il termine “anomalie”, inoltre, non è neanche un termine scientifico. È quanto di più vago si possa intendere. Ed è qualcosa che non rientra nel concetto di “malformazione”. Per fare un esempio provocatorio: un bambino sano, ma di pelle scura che fosse figlio di due genitori bianchi sarebbe una “anomalia” e potrebbe essere abortito.
Quanto alle vere e proprie malformazioni, poi, è evidente l’intento eugenetico: tutti coloro che non rientrano nei canoni di perfezione decisi dai genitori possono essere eliminati. Dovrebbe bastare Jessica Long, nuotatrice olimpica senza gambe che detiene diversi record mondiali, protagonista di un bellissimo, imperdibile, spot pubblicitario della Toyota, ad annichilire tutti gli eugenisti che promuovono l'eliminazione del diverso e dell’imperfetto e che propongono e approvano norme del genere. E che magari, contestualmente, incoerentemente - direi schizofrenicamente - predicano contro le malefatte del dottor Mengele.
Comunque, se passa la proposta sanmarinese, un bambino con la sindrome di Down, o con il labbro leporino, o con il piede torto, potrà essere abortito anche al nono mese di gravidanza. Qualcuno riesce ad immaginare come avviene l’aborto di un bambino che è in grado di sopravvivere perfettamente anche fuori dal grembo materno? Immaginatelo. Per me scriverlo è troppo doloroso.
C'è infine da notare anche l'uso del sostantivo generico donna, anziché madre: si glissa sul dato reale che una donna incinta, volente o nolente è madre. Può essere madre di un bambino vivo se partorisce, o madre di un bambino morto, se abortisce. Ma la narrazione dominante in proposito non tiene affatto conto della realtà. Come non tiene conto delle reali conseguenze dell’aborto per la salute fisica e psichica della madre. Il comitato “Uno di noi”, che sostiene il no al referendum, scrive: «A tutela dei diritti delle donne, numerosi provvedimenti sono stati adottati negli ultimi anni a San Marino. Sono già depositati in Consiglio Grande e Generale progetti di legge di sostegno alle donne e alle famiglie in difficoltà». Ma la furia cieca degli abortisti, pur riempiendosi la bocca di “diritti” e “autodeterminazione” delle donne, lo ignora completamente. Alle madri in difficoltà va offerta davvero una possibilità di scelta, la possibilità concreta di far fronte ai problemi socio - economici che la assillano. In casi estremi, va offerta anche la possibilità di dare il bambino in adozione. Perché l’aborto volontario è un gesto che violenta l’istinto materno che è ancestralmente iscritto nell’intimo di ogni donna. Questa violenza genera una ferita profonda e dolorosa della quale le femministe negano l’esistenza. Dicono che è lo stigma sociale a far male alle donne e che l’istinto materno non esiste, è una creazione della società maschilista.
Ebbene: sono le donne stesse che testimoniano come la negazione del lutto porta conseguenze devastanti che possono esplodere anche dieci o venti anni dopo l’aborto. Testimoniano come sono cadute in preda ad alcolismo, droga, depressione, incapacità di costruire rapporti sociali veri e duraturi, e finanche istinti suicidari. Studi statistici perfettamente "laici" (dalla Finlandia) evidenziano come le donne che hanno abortito muoiono prematuramente (per qialsisai ragione) di più di quelle che non hanno avuto figli e molto di più di quelle che hanno partorito. Sarà una coincidenza.
Quanto all’istinto materno, chi pensa che davvero non esista vada pure, tranquillamente, a togliere i cuccioli a una mamma tigre.
Fonte: Panorama.it