Le nuove linee guida introdotte in Canada il 29 novembre 2017 consentono al sistema carcerario di agire come “facilitatore” della morte (bella espressione, della neolingua!) dei detenuti.
La CBC News riferisce che fino ad oggi, a tre detenuti delle prigioni canadesi è stata “concessa” “assistenza medica nella morte (MAID)”: traducendo dalla neolingua, tre detenuti hanno chiesto il suicidio assistito, il che vuol dire che sono stati uccisi con il loro consenso (andrebbe tradotta dalla neolingua anche l’espressione “suicidio assistito”: si tratta di “omicidio del consenziente”).
In Belgio già si fa. E ai detenuti è data anche la possibilità di donare gli organi, prima di farsi eutanasizzare.
Alcuni sono contrari a questa prassi, dicendo che i detenuti davvero malati dovrebbero essere scarcerati, non uccisi, a voler essere umanitari e compassionevoli.
I detenuti, infatti, nonostante le loro colpe, appartengono alla categoria dei “vulnerabili”: sono molto più degli altri soggetti alla depressione. Ma, se i depressi in base al principio dell’ ”autodeterminazione” vanno “suicidati”, allora uccidendo i detenuti, si rende loro il favore di liberarli dalla depressione, e allo Stato un ottimo servizio: risparmia il costo del mantenimento e svuota le carceri.
... O si sta reintroducendo la pena di morte? E perché non chiamarla col suo nome vero? Perché non è un’espressione sufficientemente “di sinistra”, né politicamente corretta?
Tutte le associazioni, di tutti gli orientamenti politici che si battono perché venga riconosciuta la dignità umana intrinseca a ogni essere umano anche ai detenuti, cosa ne pensano? Amnesty International che dice?
Redazione
Fonte: LifeSiteNews
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