Come volevasi dimostrare: anche quest’anno a Sanremo, la RAI, sovvenzionata con il canone che paghiamo tutti, ha promosso le istanze dell’attivismo LGBT, ossia di uno “zero virgola” della popolazione italiana.
Ancora una volta – arma di “distrazione” di massa – l’approvazione dei matrimoni gay e di quell’orrido papocchio giuridico che è la legge Cirinnà, sembra sia necessaria alla sopravvivenza della specie umana (quando, a ben guardare, è vero esattamente il contrario).
Su Twitter, è stato lanciato l’hashatag #SanremoArcobaleno e molti cantanti, che davvero non perdono occasione per allinearsi al politicamente corretto, hanno indossato i nastri arcobaleno per mostrare di condividere la causa omosessualista.
Sir Elton John, noto acquirente di due bambini “sintetici” – dei quali all’anagrafe risulta essere il “padre”, mentre nella casella “madre” risulta il sig. David Furnish -, ha dato la sua bella testimonianza. E ha fatto anche la parte del buon missionario che affianca la Chiesa in Africa in aiuto dei più poveri.
Insomma, uno spettacolo davvero bello ed edificante, che ci è costato “molto meno di 500.000 euro”, ha detto il direttore di RaiUno, Leone, ai giornali. Infatti il cachet di Elton John si è aggirato intorno ai 250.000, dicono. Due spicci, davvero.
Questo ci consola. Insomma: “Paga il canone e automaticamente adotti un bambino africano, tramite sir Elton John“. Comodo.
Non c’era altro da aspettarsi: a Sanremo la propaganda omosessualista e gender è di casa da anni: nel 2013, nel 2014, nel 2015 ne avevamo già preso atto (prima ProVita non ne ha memoria, perché non c’era: è nata nel giugno del 2012).
Se qualcuno tra i lettori ha visto uno dei film distopici intitolati “Hunger Games“, forse gli potranno venire in mente le luci e lo sfarzo degli spettacoli televisivi che in quelle storie sono raccontati: effetti speciali e divertimento sfrenato, mentre nei 12 distretti la gente muore di fame, e non solo...
Francesca Romana Poleggi