Quella vissuta da bambini e adolescenti da due anni a questa parte è una «pandemia parallela». Tra le tante problematiche analizzate nel recente documento La pandemia e la sfida dell’educazione, a cura della Pontificia Accademia per la Vita, vi sono il diritto allo studio e la dipendenza da internet e social media.
L’organismo vaticano individua, in primo luogo, tra le «sfide gravi e urgenti da affrontare», la necessità di «aprire il più possibile le scuole». A mo’ di premessa, la Pontificia Accademia per la Vita riconosce nella chiusura delle scuole un metodo efficace nel «controllo dell’infezione» e nell’«appiattimento della curva del contagio». Ciononostante, si tratta di una misura «che dovrà in futuro essere considerata solo l’ultima ratio da adottare in casi estremi e solo dopo aver sperimentato altre misure di controllo epidemico quali una diversa sistemazione dei locali, dei mezzi di trasporto e dell’organizzazione dell’intera vita scolastica e dei suoi orari».
Purtroppo, la pratica della didattica a distanza ha determinato un «impoverimento dell’apprendimento intellettuale» e una «deprivazione delle relazioni formative», pur essendo da ritenersi apprezzabile «l’uso dei mezzi tecnologici». È infatti evidente, osservano i curatori del documento vaticano, «l’accumulo di frustrazione e di disorientamento soprattutto degli adolescenti, particolarmente aggravato da pregressi contesti di povertà e disagio sociale».
«La mancanza di interazione multidimensionale nel rapporto educativo e nella relazione sociale – si legge – prova un impatto negativo sul sentimento della qualità della vita, sulle motivazioni della formazione della persona, sulla cura della responsabilità sociale». Inoltre, «la chiusura delle scuole ha interrotto anche le relazioni sociali o le ha gravemente mutilate».
Altre conseguenze negative: «Nei paesi del Sud del pianeta è cresciuto in modo preoccupante il tasso di abbandono scolastico», al punto che «almeno 10 milioni di bambini, nel mondo, non torneranno più a scuola» e molti di loro saranno costretti «al lavoro minorile e allo sfruttamento». C’è poi l’aumento delle «ineguaglianze a causa del “digital divide” e delle «ridotte capacità dei genitori di supportare i figli nello studio domestico».
Un aspetto da non trascurare è lo stravolgimento degli equilibri fisiologici ed alimentari: specie nei paesi dove «il sistema scolastico provvede anche il cibo», un bambino costretto a casa, determina «situazioni di svantaggio economico». La sua «ridotta attività fisica» e «l’interruzione di attività sportive» determinano «conseguenze a lungo termine per la salute (soprattutto maggiore incidenza di diabete e patologie cardiovascolari)» e «un impatto negativo sia dal punto di vista fisico che mentale e relazionale», con «disturbi d’ansia, depressione e stress».
La «chiusura delle scuole» e la «restrizione drammatica del gioco all’aperto» hanno come conseguenza l’aumento della «dipendenza da internet, videogames o TV». Taluni studi neuroscientifici mostrano che «quando si limitano le esperienze di gioco e di esplorazione prevale una sovra-stimolazione delle aree che esprimono tristezza e paura, provocando effetti negativi sullo sviluppo del bambino».
Non tutti i mali, comunque, vengono per nuocere: «La chiusura forzata ha provocato una rinnovata consapevolezza dell’importanza di andare a scuola – osservano i membri della Pontificia Accademia per la Vita –. La riapertura è sentita dai ragazzi come una mèta da raggiungere perché oggi se ne intuisce il valore, sia dal punto di vista educativo che sociale». A ciò va aggiunto che «il futuro del sistema scolastico potrà beneficiare di un più profondo scambio di competenze e conoscenze, possibile grazie a collegamenti, lezioni on-line e materiale condiviso in rete, di cui nel tempo della pandemia si è fatto largo uso».
L’organismo della Santa Sede si sofferma poi sui risvolti più strettamente legati alle relazioni familiari. «Una improvvisa e marcata prossimità tra genitori e figli – si legge – restituisce alla famiglia la visione di una responsabilità. Quella di immaginare con fantasia e creatività una rinnovata presenza nella vita dei figli». La chiusura delle scuole ha giocoforza rimesso i genitori «al cuore delle famiglie», conferendo loro un «ruolo chiave nel supportare i ragazzi e nell’aiutarli a superare le difficoltà che vivono nella nuova situazione».
Non vanno per questo trascurati aspetti negativi come «la violenza domestica diretta o passiva», che in alcuni paesi è aumentata del 40-50%, accanto a «preoccupanti segnali di disturbi del comportamento» e all’«incremento dello stress genitoriale». Per queste ragioni, «è impensabile affrontare i prossimi mesi senza un adeguato sostegno (sociale, culturale, urbanistico, economico) alle famiglie, che saranno ancora chiamate a sostenere non poche conseguenze dell’urgenza pandemica».