«E’ in atto in Italia una vera e propria emergenza educativa che partendo dalle situazioni di degrado scolastico e problemi di tipo economico e sociale, mancanza di infrastrutture, dispersione scolastica, uso e abuso di sostanze stupefacenti tra i giovani, passa anche attraverso una perdita dei valori fondanti la scuola, in primis il primato educativo che spetta di diritto alle famiglie». Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus e moderatore, oggi, del convegno che si è tenuto alla Camera dei Deputati, nella Sala del Refettorio, dal titolo “Dall'emergenza all'alleanza educativa. Liberare l'energia dei giovani italiani da trappole, disagi e dipendenze”. Ad intervenire anche l’onorevole Lorenzo Fontana, presidente della Camera dei Deputati (con un messaggio inviato ai partecipanti) e l’onorevole Paola Frassinetti, sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ritengo che in questo particolare momento storico la famiglia rivesta un ruolo quanto mai cruciale - ha scritto il presidente Fontana. - I bambini e gli adolescenti di oggi si trovano, infatti, ad affrontare difficoltà inedite nel loro percorso di crescita». Per il presidente della Camera «la risposta alle sfide dell’emergenza educativa risiede nella valorizzazione del ruolo della famiglia, luogo primario di crescita e di formazione dell’individuo. La sua centralità nel sistema educativo, in opposizione a ogni tendenza alla deresponsabilizzazione, deve essere ribadita con forza. Serve, dunque - ha concluso Fontana - un deciso impegno della politica e delle istituzioni per supportare la famiglia nella formazione, umana, culturale e civile - delle nuove generazioni».
«Si parla perciò di una grande "emergenza educativa" - ha proseguito Coghe - confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita. C’è un malessere grave, diffuso, quotidiano, per cui i ragazzi sono sempre più disaffezionati alla scuola. Non è più per loro un luogo dove si diventa grandi, dove si impara ad essere uomini, si impara una professione. Il problema più grande da affrontare - secondo Coghe - non sono quindi gli studenti, ma siamo noi adulti. Noi genitori, noi famiglie siamo i testimoni con cui i giovani si relazionano. Il problema siamo noi, non sono i giovani! Perché l’educazione spetta agli adulti, in quanto accompagnatori di chi viene dopo di noi verso la realizzazione di un desiderio di vita che sia buona, bella, vera, che abbia senso, che porti frutti. I nostri figli ci guardano - ha aggiunto - e ci chiedono una coerenza ideale, cioè di avere una strada da percorrere insieme».
«Viviamo in tempi difficili nei quali tutti: genitori, educatori, politici e rappresentanti di associazioni e della società civile dobbiamo pensare ed agire per il Bene Comune presente e futuro, in primis, dei nostri figli e dei nostri nipoti» ha aggiunto, in apertura, Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus. Bisogna dare loro libertà, ma non quella ingannevole, spesso indotta, non quella di rispondere ai pruriti e bisogni sessuali temporanei o delle mode. Questo vitale ruolo di educare spetta alla famiglia, società naturale riconosciuta dalla nostra Costituzione, cioè ai genitori. Allo Stato, alle Istituzioni ed agli educatori spetta il ruolo di accompagnare i genitori, non contrastarli. Insomma occorre una vera alleanza per il bene dei nostri figli. Siamo chiamati tutti a questa sfida decisiva: padri e madri devono riassumere in prima persona il ruolo di protagonisti e oggi siamo qui per chiedere a docenti, istituzioni e politica di essere accanto ai genitori, alleati per il bene delle future generazioni, per il bene del nostro Paese».
«Come dal titolo dell’incontro, in questi primi mesi di governo ho potuto costatare una situazione di disagio giovanile, quindi di emergenza, davvero seria e preoccupante. Sapevamo che la pandemia aveva lasciato una situazione difficile, con la didattica a distanza che ha prodotto molti danni che solo ora si inizia a superare. Soltanto con una vera unità tra scuola e la famiglia si possono aiutare i ragazzi», ha spiegato l’onorevole Paola Frassinetti, sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione e del Merito. «L’attualità dimostra come l’autorevolezza dei docenti sia sotto attacco e le famiglie hanno un ruolo fondamentale per far sì che ci sia rispetto e non sempre e soltanto schierarsi dalla parte dei figli, addirittura minacciando i professori. Si sta perdendo il valore del “no”, il valore dei rimproveri. Al contempo serve una scuola con insegnanti formati, con una serie innovazione digitale ma che mantenga il ruolo di servizio, dunque strumenti al servizio della didattica, di genitori e studenti e che non diventino essi stessi dei “totem” da adorare e strumenti autoreferenziali». Un altro aspetto sottolineato dalla Frassinetti è stato quello «dell’educazione civica, che può e deve andare di pari passo con l’alleanza tra scuola e famiglie». Infine, ha spiegato, «arrivano le richieste dei presidenti dei Consigli di Istituto, che sono genitori, che vogliono essere normati e avere più possibilità di azione. Questo è un altro segno importante per rendere genitori protagonisti nella scuola».
«Oggi in Italia bisogna rinsaldare, riconoscere e restituire il diritto alla libertà educativa delle famiglie. La scuola deve tornare ad essere l’agenzia che, secondo un principio di sussidiarietà, consente a bambini e studenti di diventare uomini e donne liberi nell’ambito del loro contesto privilegiato, ovvero la famiglia. La scuola deve aiutare la famiglia, deve sostenerla nel dovere dei genitori di educare i propri figli e mai sostituirsi ad essa. Per questo è fondamentale l’alleanza tra famiglia e scuola, foriera di benessere e libertà per il bene», l’intervento di Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia. «Troppo spesso, al contrario, questa alleanza viene tradita da enti e associazioni ideologizzate che portano tra i banchi dei nostri figli la cultura del gender, della sessualità indiscriminata e fluida, dell’indifferentismo sessuale e affettivo, del “voglio e quindi pretendo”. I casi sono tantissimi ed eloquenti. Decine di progetti arrivano nelle scuole di ogni ordine e grado, e quando non arrivano direttamente nelle scuole si indottrinano direttamente le educatrici dei più piccolini, affinché li confondano, come è successo a Roma. Il modus operandi è sempre uguale ma sempre devastante. I progetti vengono presentati alle famiglie con la scusa di sostenere la loro educazione al rispetto incondizionato, contro le discriminazioni e il bullismo, contro i femminicidi e poi troppo spesso si traducono in altro: cambiamento di genere per minori, libri che sponsorizzano pratiche illegali come l’utero in affitto, fino a lezioni che suggeriscono come masturbarsi, come e quando avere un rapporto sessuale, e indicano come libertà il superamento del binarismo sessuale. Spesso senza il consenso informato preventivo dei genitori, che invece sappiamo essere fondamentale, un diritto importantissimo da dover tutelare e garantire sempre alle famiglie. E infine come non denunciare quella grande bugia che è la Carriera Alias, presentata a giovani e adolescenti come panacea di tutti i male, ma che invece è un inganno feroce: dopo aver fatto credere alla falsità che si possa “nascere nel corpo sbagliato”, infatti, indica come via della felicità bugie che portano alla sterilità, assunzione di ormoni per tutta a vita, fino anche a menomazioni di corpi che ancora stanno fiorendo. E la triste realtà è che questo non porterà alla felicità, come testimoniano le più recenti rassegne di letteratura in merito, ma solo a ferite devastanti nella psiche e nel corpo, alcune irreversibili» ha aggiunto Ruiu. «Siamo stanchi di una scuola teatro di indottrinamento ideologico, sulla pelle dei nostri figli: gender, sessualità e rivendicazioni politiche siano fatte nelle sedi opportune, a viso scoperto. La scuola torni ad educare al bello, al vero, alla libertà di poter scegliere per il Bene e lì riconoscersi felici, unici, amati e capaci di amare, e di essere protagonisti in un mondo migliore».
Il pluralismo scolastico è stato al centro dell’intervento di suor Anna Monia Alfieri: «il diritto di istituire scuole non statali, e il diritto dei genitori di scegliere il tipo di istruzione adatto ai propri figli, secondo le proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, anche al di fuori della scuola statale, è espressamente garantito dalla Costituzione» ha spiegato (SCARICA QUI le slides). «Una scelta - ha spiegato la religiosa - può esservi non quanto tutte le varie scuole sono costituzionalmente garantite, e quindi anche la scuola non statale va salvaguardata. Un vero pluralismo presuppone quindi la valorizzazione della scuola non statale e la possibilità di accedere anche a quest’ultima». Non deve essere considerato un ostacolo, ha proseguito «il fatto che una scuola non statale sia eventualmente caratterizzata da finalità confessionali. Ciò è pienamente ammissibile, e ritenere che esso sia contrario alla Costituzione è gravemente lesivo, oltre che del pluralismo ideologico, anche della libertà religiosa». Suor Anna Monia Alfieri ha quindi denunciato come «la pubblica istruzione sia stata oggetto, soprattutto in questi ultimi anni, di una campagna volta a contrastare la scuola paritaria, con l’obiettivo dichiarato di farla scomparire del tutto. Un servizio di pubblica istruzione monolitico non garantisce certo tali diritti in maniera adeguata. Lo statalismo - ha spiegato - ne è esattamente l’antitesi, in quanto si traduce in una assoluta uniformità dell’istruzione impartita».
Le tossicodipendenze sono state, invece, al centro dell’intervento del professor Massimo Gandolfini: «esse - ha spiegato - sono un problema centrale per il mondo della scuola se pensiamo che l’età più colpita è proprio quella dell’adolescenza e subito dopo dei “giovani adulti”. E’ dunque fondamentale, nell’alleanza educativa tra scuola e famiglie, porre le basi per proteggere i giovani da questa emergenza (SCARICA QUI le slides). Spesso - ha aggiunto Gandolfini - si fa uso di droghe e si inizia con cannabis e marijuana in età adolescenziale per non stare male, per sentirsi meglio e per curiosità, ovvero perché gli altri lo fanno, il gruppo dei pari, gli amici, i compagni di classe. Si tratta però - ha concluso - di sostanze per niente innocue e non ci sono studi adeguati circa il presunto uso “terapeutico”. Negli adolescenti l’uso di queste sostanze può provocare anomalie dello sviluppo cerebrale, causare disordini mentali, dipendenza, depressione, psicosi e incide negativamente su performance scolastica e lavorativa».
Sessualizzazione precoce e disagi psicologi sono stati trattati dal dottor Tonino Cantelmi, nel corso di un suo intervento in video. «Il tempo che stiamo vivendo può essere definito delle “passioni tristi”, poiché i nostri giovani sono attraversati da sentimenti quali malinconia, tristezza, paura, incertezza rispetto al futuro. Tutta una serie di sentimenti che portano verso uno scoraggiamento generale. E’ vero che i nostri giovani vivono questo momento così difficile ma non dobbiamo dimenticare che hanno molte risorse e potenzialità, quindi il nostro vero obiettivo è quello di riuscire ad esaltare e aiutare queste peculiarità positive. I dati più inquietanti - ha spiegato Cantelmi - parlano addirittura di un aumento di tre volte, dopo la pandemia, dell’autolesionismo, di comportamenti oppositivi-provocatori, autodistruttività, rabbia. Noi adulti, professionisti, educatori, genitori, insegnanti possiamo rispondere a questo caos emozionale prendendoci cura della salute mentale e psico-affettiva dei nostri figli. A tal proposito, infatti, l’ipersessualizzazione e la sessualizzazione precoce ha raggiunto livelli altissimi, toccando bambini anche di 11 e 12 anni. Si tratta di emergenze educative a cui dobbiamo fare fronte in quanto adulti e per le quali la scuola ha un ruolo importante. E’ fondamentale - ha aggiunto - che scuola e adulti concorrano nel dare una corretta istruzione e informazione circa l’uso della Rete, dei social, della tecnologia che sta già portando i nostri figli in un nuovo mondo, virtuale e parallelo, dove trovano tutto senza filtri, senza aiuti, senza freni».
«Giovani e famiglie sono come dei piani bassi di una nave che sta imbarcando acqua e ben presto, se non corriamo ai ripari, l’acqua arriverà ai piani alti, ovvero alla politica, alle istituzioni. Questo sta succedendo nell’ambito scolastico e siamo chiamati a fare qualcosa per porre un argine» ha spiegato nel suo intervento sulla dispersione scolastica il professor Pierluigi Bartolomei, preside della Scuola Professionale ELIS. «Non c’è veramente più tempo da perdere e noi educatori dobbiamo fare qualcosa prima ancora di gridare all’allarme. C’è da parte dei genitori una distrazione a volte consapevole, perché sentono di non avere mezzi efficaci per aiutare i propri figli e questo porta ad una dispersione scolastica devastante, con dati che arrivano anche al 30% al Sud. Oggi - ha aggiunto Bartolomei - i giovani vanno a scuola ma non capiscono perché ci vanno e quindi l’alleanza tra genitori, scuola, ragazzi e mondo del lavoro serve per porre fine a questa emergenza di senso». Secondo Bartolomei è vero che «la fioritura del talento inizia con la scelta di una determinata scuola, di un determinato indirizzo, ma in questa partita da giocare non siamo da soli, non esistiamo solo noi docenti o presidi, serviamo tutti». Famiglie e genitori «vanno coinvolti nel percorso scolastico dei loro figli, quasi come a iscrivere tutta la famiglia a scuola. Serve un percorso professionalizzante per le famiglie e i genitori nel mondo della scuola».