L’ideologia sessantottina ha inculcato (più o meno indirettamente) alle nuove generazioni che un bambino che viene al mondo da una gravidanza indesiderata è nemico della donna, della sua libertà, della sua emancipazione.
Ma il bambino è solo un bambino, un figlioletto, mentre il vero nemico della donna, in questi casi, ha un altro nome: si chiama “aborto”. Esso distrugge il piccolo innocente che la donna porta in grembo ed espone quest’ultima a possibili rischi per la sua salute fisica e psichica.
È l’aborto il vero nemico della libertà della donna: pensiamo a quante donne si sono sentite costrette all’aborto da una situazione di abbandono, da un dramma psicologico, da minacce di persone violente, dall’indifferenza di chi era intorno a loro, da problemi economici o altre gravi situazioni. Altro che libertà.
Una donna merita decisamente di meglio, merita di essere libera di scegliere la vita, merita qualcuno che le tenda la mano. È l’esperienza che ci racconta un articolo di Avvenire. Giovanna, «tra l’indifferenza di alcuni e i consigli di altri perché si avvalesse delle leggi vigenti in Italia», stava per abortire, ma quando incontrò Mariella, una volontaria pro life, qualcosa cambiò. Fu un incontro «cuore a cuore […]. Comprensione, dialogo, empatia, promesse di aiuti concreti. L’invito a credere che la gioia che ogni mamma sperimenta quando stringe al petto il suo bambino le ripaga di tutte le sofferenze patite».
Ed ecco che finalmente compaiono alternative all’aborto, ecco che Giovanna è finalmente libera di scegliere la vita e dare alla luce il suo piccolo Daniele, perché qualcuno è con lei, perché finalmente non è sola.
«Non ho mai visto una donna che fu sul punto di abortire, e fu aiutata a cambiare idea, rimpiangere la scelta fatta» ed è stato così anche per Giovanna, ora al settimo cielo per la nascita del suo bambino. Una gioia che vince su tutto e che è dovuta all’aver accolto Daniele.