Il Tribunale Commerciale numero 3 di Gijàn, in Spagna, ha riconosciuto come “fuorviante” una pubblicità abortista, in quanto avrebbe mentito alle donne, facendo credere loro che l’aborto non ha conseguenze e che non esponga al rischio di infertilità.
La pubblicità sarebbe stata realizzata dell'Associazione delle Cliniche Accreditate per l'Interruzione della Gravidanza (ACAI), da come riporta un articolo di Hispanidad, e pubblicata sul suo sito. L’Associazione spagnola degli Avvocati Cristiani, che ha intentato la causa, chiederà ai 28 centri in cui è presente l’ACAI che i suoi gruppi non ricevano «un solo euro di denaro pubblico».
Si tratta di una sentenza storica: viene riconosciuto finalmente da un tribunale che l’aborto volontario fa male alla salute delle donne e che non è lecito mentire a riguardo per pubblicizzarlo. Il business dell’aborto sta mietendo vittime non solo fra i bambini non nati, ma anche fra le donne stesse che fanno ricorso a questa pratica: è un loro diritto essere informate correttamente sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’aborto volontario.
Anche le donne, infatti, possono morire di aborto: «il Center for Disease Control and Prevention, ente governativo statunitense, ammette che dal ’73 a oggi sono quasi 500 le donne morte per aborto legale solo negli Stati Uniti, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità confessa che ogni anno circa 150 donne in Europa, e nel resto del mondo addirittura decine di migliaia, muoiono a causa dell’aborto. L’aborto in pillole (RU486), poi, moltiplica per dieci volte il rischio di morte per aborto e nel 2014 due giovani donne sono morte anche in Italia».
Fra le altre conseguenze fisiche più comuni, vanno menzionate: infezioni, sepsi, emorragie, perforazione uterina, infertilità e cancro al seno, oltre che, dal punto di vista psicologico, depressione, disturbi da stress post traumatico e tendenze suicidarie.
Alla faccia dell’aborto “sicuro”, come lo chiamano.
di Luca Scalise