15/10/2013

Sentenze buone o cattive? Dipende …

È molto difficile essere credibili quando si usano due pesi e due misure, a seconda di quel che fa più comodo. Qualche giorno fa su diversi giornali si è esultato: grazie a un giudice italiano e a una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, una coppia affetta da fibrosi cistica potrà accedere alla fecondazione assistita e alla diagnosi pre-impianto, per selezionare gli embrioni malati e scartarli, e trasferire in utero solo quelli sani. Il tutto a spese del Servizio sanitario nazionale e contrariamente a: quanto prevede la leggge 40 che vieta quel tipo di diagnosi consentendo l’accesso alle tecniche di fecondazione in vitro solo alle coppie sterili o infertili, a prescindere dalla presenza o meno di malattie ereditarie.

La “conquista” festeggiata con titoloni entusiastici contraddice quello che gli stessi detrattori della legge 40 hanno sempre sostenuto, e chiarisce ancora una volta che la diagnosi pre-impianto nel nostro Paese è vietata, tanto che sono dovuti intervenire dei giudici per consentirla a una coppia che l’aveva richiesta. Giudici che non hanno modificato la legge: le sentenze – l’europea e l’italiana – valgono solo per il caso in questione. Il che, a rigor di logica, dovrebbe significare che la legge, compreso il divieto di diagnosi pre-impianto, vale ancora per tutto il resto della popolazione italiana, mentre solo la coppia che ha vinto i ricorsi segue altre regole.

Una sentenza di un tribunale civile, secondo certi commentatori, sarebbe sufficiente a modificare una legge. Stupisce che molto spesso si tratta degli stessi che protestano vigorosamente – e noi con loro, stavolta – sul caso Stamina, per il quale grazie a centinaia di ordinanze – non qualche singolo pro-nunciamento, ma centinaia – altrettanti malati si stanno sottoponendo a trattamenti non autorizzati dalla legge ma da singoli giudici. Ora, ci chiediamo: se è sufficiente una sentenza su un singolo caso per dichiarare una legge (la 40) «in contraddizione con la realtà», «superata», «oramai inesistente», che cosa è rimasto delle normative europee e italiane che regolano gli studi e le sperimentazioni cliniche, e quindi la ricerca medica, dopo che centinaia di ordinanze hanno disposto l’esecuzione di trattamenti non autorizzati? Se basta una singola sentenza ad «abbattere» la legge sulla procreazione assistita e a di-mostrare che «questa legge è cattiva e stupida», di conseguenza le centinaia di ordinanze a favore della procedura Stamina dovrebbero avere già polverizzato le norme sulle terapie avanzate.

È possibile esultare perché un giudice autorizza un trattamento bypassando una legge, e allo stesso tempo protestare perché altri, a centinaia, ne autorizzano un altro, bypassando altre leggi, in questo caso anche europee? Si potrà dire che la diagnosi pre-impianto è pratica diffusa in molti Stati, mentre la “terapia Stamina” non è mai stata validata secondo le norme vigenti nella Ue. Ma si tratta di un problema innanzitutto di metodo, e poi di merito. E il metodo è uno solo: se c’è una legge va rispettata sempre, anche se non piace, fino a quando chi ne ha le competenze (Parlamento, Corte costituzionale, referendum) non la cambia. E se la magistratura si pronuncia contro una legge in vigore bisognerà mettersi d’accordo con se stessi, e giudicare in modo coerente: se si dà molto peso a singoli casi, allora lo si deve fare sempre, indipendentemente dal gradimento personale della legge in questione. E se invece si decide che sono le prassi dei Paesi europei a decidere quali trattamenti ammettere e quali no, allora perché non comportarsi allo stesso modo con l’omeopatia, per esempio autorizzata nella vicina e civile Francia? O con l’autorizzazione all’uso di droghe leggere, come in certi Paesi del Nord?

Insomma: chi pensa che la diagnosi pre-impianto sia oramai consentita in Italia grazie a un «fantastico provvedimento» di un giudice che ha aggirato la legge 40 dovrebbe coerentemente dedurre che il trattamento Stamina è oramai consentito in Italia grazie a un’autentica pioggia di ordinanze di giudici che hanno preso di mira le norme sulle sperimentazioni. L’inghippo è che, come osservava giustamente Armando Massarenti a proposito di Stamina, «polarizzare l’attenzione sulle sofferenze, reali e drammatiche, di casi singoli, crea una forte distorsione cognitiva. Le emozioni vincono sulla realtà». Condividiamo, ed estendiamo, naturalmente, anche ai fatti della legge 40.

di Assuntina Morresi

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