Alcuni giorni fa, il Consiglio Regionale della Lombardia ha votato all’unanimità un emendamento alla riforma dei servizi funebri presentato dal Partito Democratico, riguardo la sepoltura degli embrioni. Fino a oggi la legge, introdotta nel 2007 dalla giunta Formigoni, prevedeva che, in caso di aborto, fosse la coppia a decidere se scegliere la sepoltura oppure lasciare tale decisione all’ospedale.
In quest’ultimo caso il feto veniva sepolto in specifiche aree cimiteriali senza che fosse individuabile, ma ora, dopo l’emendamento del Partito Democratico, la sepoltura potrà avvenire solo dietro esplicita richiesta della donna. Non ci sarebbe più, insomma, l’obbligo, per i comuni, di inumare i “prodotti del concepimento”.
Tuttavia l’assessore lombardo al welfare, Giulio Gallera, interrogato sulla possibilità che i feti rischino, con la nuova legge, di essere trattati come semplici “rifiuti ospedalieri” e quindi inceneriti come accade, ad esempio, con alcune parti del corpo umano rimosse in seguito a un’operazione, ha risposto: «No, questo non avverrà, i feti saranno trattati così come avviene per le parti anatomiche riconoscibili e le strutture sanitarie comunali dovranno dare loro collocazione idonea, senza enfasi, ma, certo, non sono rifiuti. Ci sarà una sepoltura intesa come luogo fisico».
Di stampo esattamente opposto è il progetto di legge avanzato nel Lazio da Chiara Colosimo, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, che ha presentato una proposta che mira al riconoscimento e alla tutela del diritto alla sepoltura dei bambini non nati. In una nota, infatti, il consigliere ha spiegato che «per assicurare questo diritto ai tanti genitori che perdono il bambino prima che veda la luce, Fratelli d’Italia ha presentato pochi giorni fa una proposta di legge che colmi il vuoto legislativo del nostro e di tanti altri ordinamenti regionali che contribuisca a rendere la Regione Lazio una istituzione modello sul tema della custodia dei valori spirituali». Il testo della proposta di legge prevede la sepoltura obbligatoria per tutti i feti superiori ai 3 mesi, perché, come sottolinea Colosimo, «nessuna mamma debba più vivere il dramma nel dramma di sapere suo figlio considerato come un rifiuto speciale».
Manuela Antonacci