20/03/2025 di Fabio Piemonte

Culle per la Vita: «Ecco cosa ho detto al Ministero della Salute». Intervista al prof. Emiliano Zasa

Le Culle per la Vita sono a tutti gli effetti delle moderne ‘ruote degli esposti’ e costituiscono una preziosa opportunità per la tutela del diritto alla vita di tanti piccoli innocenti. È bene ricordare, insieme a questo strumento, l'importanza della possibilità per la donna di partorire in totale anonimato in ospedale e affidare il figlio a un percorso tutelato di adozione, assicurando così il suo diritto alla vita senza rinunciare alla necessaria e più completa assistenza sanitaria.

Sorte in Italia a partire dal 1995, di Culle per la Vita nel nostro Paese se ne contano attualmente circa 60. Tuttavia, dopo il tragico episodio accaduto nel gennaio scorso, con un piccolo morto di freddo per il malfunzionamento di uno di questi dispositivi di emergenza, si è fatta strada la necessità di una legge che ne disciplini funzionamento, criteri di sicurezza e modalità di gestione, integrandole nel sistema sanitario nazionale. Nell’ambito di questo processo, Pro Vita & Famiglia ha raccolto la testimonianza del professor Emiliano Zasa, membro dell’Associazione “Vita in una culla” e tra i promotori di una proposta di legge in materia.

Emiliano Zasa, anzitutto da dove nasce questa sua attenzione al tema delle Culle per la Vita?

«Come battezzato che prova a vivere cristianamente ho sempre nutrito particolare premura rispetto al valore della vita nascente, ma recentemente - sia dopo eventi positivi (come il piccolo Enea lasciato nella Culla per la Vita del Mangiagalli e poi adottato), sia dopo il tragico evento del bambino morto - ho avuto un ulteriore slancio emotivo, sono stato scosso come tra l’altro gran parte dell’opinione pubblica, e ho sentito l’esigenza di rivolgere un appello ai nostri rappresentanti in Parlamento e nei Consigli Regionali. Ho mandato perciò loro, in qualità di comune cittadino, una richiesta di attenzione nei confronti delle Culle per la Vita e del parto in anonimato. Ne è derivata una serie di risposte che non mi aspettavo, che plaudivano e incoraggiavano la diffusione di queste culle e del parto anonimo. Allora, insieme con qualche altro amico, abbiamo approfondito il tema e di qui è nata l’associazione “Culle per la Vita”, poi diventata associazione “Vita in una culla”».

Recentemente avete iniziato un’interlocuzione con il Ministero della Salute. Quali sono i punti che avete portato all’attenzione?

«Avendo riscontrato che sono state depositate almeno dal 2007 a oggi numerosissime proposte di legge; proposte però di ‘legge fotocopia’, che rischiavano di acuire il già esistente vuoto normativo, ci siamo presi l’incarico di promuovere una campagna per l’approvazione di una legge quadro. La proposta di legge in materia che riteniamo possa essere soddisfacente deve tener conto di questi quattro punti: il primo è la definizione dello strumento e l’equiparazione col parto in anonimato. Il secondo punto è una diffusione capillare sul territorio di tali culle che le integri nel sistema sanitario nazionale e che preveda che ogni punto nascita sia equipaggiato di una Culla per la Vita. La terza istanza prevede che in ogni punto nascita ci sia un’équipe multidisciplinare con personale sociosanitario competente per condividere procedure e modalità di accoglienza delle donne o delle coppie in difficoltà che vi si presentano. Il quarto e ultimo punto di una buona legge in materia riguarda l’informazione dell’opinione pubblica: se esistono tali strumenti devono essere noti. Stato, Regioni ed enti locali sono tenuti a informare l’opinione pubblica».

Cosa vi ha risposto il Ministero?

«Per il momento c’è stata un’apertura al dialogo, all’ascolto, per cui si è aperto un canale. Abbiamo riscontrato che, allo stato attuale, al Ministero non c’è stata ancora una focalizzazione dell’attenzione sul tema. Ci siamo presentati con spirito collaborativo affinché le istituzioni adempiano ai propri doveri e compiti, per cui è iniziata un’interlocuzione».

Dunque, allo stato attuale cosa vi aspettate?

«L’auspicio è che si arrivi presto ad approvare non una semplice legge ma una buona legge; non una legge che si premuri soltanto di evitare lo scandalo, di evitare - ovviamente - le tragedie, ma una legge capace di incidere concretamente perché le madri abbiano davanti a loro un’alternativa di speranza. Giovani adolescenti, donne in carriera centrate su sé stesse o mamme con problemi economici devono sapere che c’è un’alternativa alla soppressione degli esseri umani, perché un figlio non è mai una condanna per chi non ce la fa, non se la sente o non può portare avanti la propria genitorialità, e questo senza giudicare nessuno».

 

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