Il caso del corso gender, e con particolari sessualmente espliciti rivolto agli alunni della quinta elementare della scuola primaria “Edmondo De Amicis” di Marano sul Panaro, è stato oggetto di un’interrogazione consiliare presso l’ente territoriale dell’Unione Terre di Castelli, che comprende vari comuni nel modenese. In qualità di consigliere di “Insieme per migliorare l’Unione”, Simone Pelloni, consigliere regionale della Lega in Emilia-Romagna, ha chiesto alla giunta dell’Unione «se al momento della firma del consenso informato da parte dei genitori degli alunni coinvolti nell’attività in oggetto, siano stati comunicati il programma e i contenuti della stessa». Pelloni è stato su questo contattato da Pro Vita & Famiglia, a cui ha confermato di non aver ricevuto risposta e ha denunciato la natura ideologica dell’iniziativa che, oltre a violare il consenso informato, si presenta palesemente inadatta a bambini di appena dieci anni.
Onorevole Pelloni, come è venuto a conoscenza del progetto?
«Da una signora con un figlio che frequenta la V elementare in quella scuola. Prima l’ho sentita per telefono, poi mi ha mandato i contenuti di questo corso, in cui è emersa questa contraddizione: nel titolo dell’iniziativa didattica si parlava solo di “affettività”. Quando lei è andata a cercare nel sito maggiori informazioni, non he ha trovate. A forza di mandare e-mail e solleciti è stato pubblicato finalmente un programma, dove, a quel punto, c’erano chiari riferimenti alla sessualità, alla contraccezione, alla masturbazione e al gender».
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Lei ha poi presentato un’interrogazione all’Unione Terre di Castelli: con che esito?
«Ho avuto la possibilità di un question time, con una sola domanda. Ho chiesto di verificare se dal punto di vista formale era stato rispettato tutto l’iter ma anche di entrare nel merito dell’opportunità di parlare di masturbazione, gender fluid, genderless con bambini di quinta elementare. Premesso che tutti quanti – scuola, famiglia, comunità – concorriamo, genitori in primis, all’educazione dei figli, credo sia stato violato il patto educativo tra scuola e famiglia».
È stato quindi calpestato il consenso informato che è tutelato dalla legge nazionale…
«Certo, il consenso deve essere veramente informato, non è una cambiale in bianco da far firmare ai genitori, per poi riempire gli spazi con un programma. Non mi hanno risposto né sul piano formale, né nel merito ma mi hanno confermato che il progetto è stato finanziato dall’ente territoriale Terra di Castelli. Un fatto, quindi, abbastanza grave: un ente pubblico non può permettersi di finanziare qualcosa in cui non viene rispettato un iter formale opportuno. Ma soprattutto, non è una questione di pregiudizio evitare di parlare di temi così delicati ad alunni delle elementari. Molti genitori, purtroppo, sono rimasti all’oscuro di quel che è successo. Sono stati introdotti temi che non hanno nulla a che fare, né con la biologia, né con l’educazione sessuale ma solo con l’ideologia. Una scuola deve solo educare, non indottrinare».
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Sul sito della scuola il programma originario del corso è stato poi sostituito con una versione più edulcorata. . .
«Sì, sono state eliminati alcuni dettagli. Da parte della scuola c’è stata una levata di scudi, la dirigente ha detto che il progetto è stato molto apprezzato dai genitori, però non si capisce perché il progetto è stato presentato in un modo, quando poi i contenuti prevedevano contraccezione, masturbazione e gender. È del tutto evidente che questo consenso è sempre meno informato. Questo intervento ha fatto capire a molti che la scuola è andata oltre il mandato ricevuto dai genitori».
Crede che diventerà un caso nazionale?
«Per certi versi lo spero e spero anche che da certi errori, generati dalla superficialità e commessi in buona fede si possa imparare e si inizi finalmente a trattare questi temi nel modo dovuto. Se ci sono delle regole vanno rispettate, tanto più in un ente pubblico, in una scuola dove va rispettata la sensibilità dei minori e in cui il patto educativo non può essere tradito. Poi, va certamente anche aperto un dibattito politico per ammonire che l’ideologia deve rimanere fuori dalle scuole, senza se e senza ma. Ci hanno insegnato che va coltivato il senso critico, altrimenti torniamo a un passato non troppo felice per il Paese, in cui a scuola si indottrinava».
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