La cultura della morte, che destruttura l’uomo, che rinnega e calpesta tutti i valori, pone dei feticci al posto di Dio: il denaro e il sesso sono tra i più idolatrati.
Lo scopo della vita è solo godere al massimo, nel momento presente, soddisfacendo istinti pulsioni e desideri individuali: se per far questo si calpesta la libertà e la dignità degli altri, poco importa: “mors tua vita mea“.
Mettere il sesso al centro della vita, come esigenza prioritaria e irrinunciabile (“castità” è diventata una parolaccia impronunciabile) serve a rendere l’essere umano sempre più solo e insoddisfatto (ottimo consumatore, peraltro): tutti quelli che hanno un minimo di esperienza di vita sanno benissimo che le gioie del sesso per il sesso, svincolate dall’affetto, dalla cura per l’altro, dall’amore vero – non solo dell’altro, ma anche per se stessi – sono effimere, non lasciano niente (nella migliore delle ipotesi). Anzi fanno davvero “male al cuore”.
La propaganda mortifera, invece, propone modelli (stereotipi, sì, questi da combattere e da smantellare) spregiudicati sessualmente e apparentemente appagati per questo.
E per distruggere come si deve l’essere umano, è bene cominciare il prima possibile. Quindi i bambini vanno “educati” fin da piccoli. Del resto la pedofilia “buona” è quella di chi sa “gentilmente” iniziare i bambini alle “gioie” del sesso, no?
E la prostituzione? Cambiamole nome: sono “professionisti del sesso”, un mestiere come un altro. Chi lo fa (salvo qualche vizioso) per lo meno all’inizio la fa sempre per bisogno, costretto, a volte con violenza? Non importa. Se “appare” una libera scelta, la libertà è sacra e inviolabile.
Ma ora si vuole far diventare una professione “socialmente utile”: perché negare le gioie del sesso ai disabili? Senza escludere quelle del sesso omosessuale, ovviamente. Chi può concedergliele se non i “professionisti del sesso”? Se poi abbiamo messo nel conto del SSN il “diritto alla salute sessuale e riproduttiva” (l’aborto), perché non metterci anche queste prestazioni?
A questo punto occorre fare una distinzione. Ci sono persone disabili, con problemi fisici, perfettamente capaci di intendere e di volere. Un “problema” del genere possono risolverlo da sé e se volessero sarebbero in grado di fruire dei servizi delle prostitute e dei gigolò come chiunque altro (con le stesse difficoltà che purtroppo la vita gli riserva per svolgere molte altre attività, molto più essenziali).
Un problema molto più serio e delicato è quello dei disabili psichici: alcuni sono come i bambini. Hanno un corpo da adulti e sono ancor più fragili dei bambini di fronte al bombardamento pornografico più o meno esplicito cui siamo tutti costantemente sottoposti. Costoro meritano la stessa tutela che meritano i bambini nei confronti dei pedofili.
Altri non sono in grado di esprimere ciò che hanno dentro in modo convenzionale. Solo chi li frequenta assiduamente e sa porsi all’ascolto, sa che anche gli handicappati più gravi sono in grado di creare legami di amore profondi ed eloquenti. E’ un dialogo non convenzionale, non fatto di parole, ma di sentimenti, che non si può spiegare.
E’ un mistero grande, nel quale si può entrare solo in punta dei piedi e con la massima discrezione. Chi pretendesse di farci entrare i “professionisti del sesso” – a parere di chi scrive – o ha la patente del grosso ignorante, o quella della mala fede più grave: peggio del peggior pedofilo.
Se anche – a volte – queste persone, in qualche modo, compiono gesti autoerotici, ciò non autorizza chicchessia a presumere di sapere se – come – quando – “intervenire” dall’esterno.
Le persone sono sacre. Tutte. Le persone più fragili e indifese sono ancor più sacre. Non si toccano, “neanche con un fiore”.
Chi ha avuto la bontà di leggere fino a questo punto, sarà – credo – interessato a leggere la lettera di una mamma di un ragazzo gravemente disabile, che ci ha scritto, molto preoccupata per questa deriva che potrebbe coinvolgere una persona come suo figlio. Può farlo cliccando qua.
Francesca Romana Poleggi