E’ partita ieri e durerà fino a fine mese la nuova campagna Piccole vittime invisibili, promossa da Pro Vita & Famiglia. Tre gli obiettivi fondamentali: Sensibilizzare le famiglie sui pericoli provenienti dai nuovi media; Mettere in guardia l’opinione pubblica dai rischi dell’ipersessualizzazione dei minori; Mostrare quali sono gli attori in gioco, nella costruzione di una vita sana per i nostri bambini e ragazzi, il ruolo di famiglie, associazioni, politica e autorità.
Sessualizzazione dell’infanzia: ecco come avviene
Tre i punti illustrati in sintesi dal Portavoce di Pro Vita & Famiglia Jacopo Coghe nell’introduzione della conferenza stampa di presentazione della campagna, tenutasi nel primo pomeriggio presso la Sala Caduti di Nassirya al Senato della Repubblica. Prima di dare la parola alle personalità a vario titolo coinvolte nella campagna Piccole vittime invisibili, Coghe ha accennato alle definizioni suggerite dall’American Psycological Association, che individuano processi di sessualizzazione dell’infanzia, in particolare quando: «Il valore di una persona deriva solo dal suo appeal o comportamento sessuale; una persona viene confrontata con uno standard che equipara l’attrazione fisica con l’essere sexy; una persona viene sessualmente oggettificata; la sessualità è impropriamente imposta a una persona».
Una legge preziosa ma ancora inattuata
La conferenza stampa è stata ospitata in Senato, grazie all’interessamento del senatore Simone Pillon, che ha subito messo il dito nella piaga dei comportamenti devianti o patologici favoriti dai minori durante i lockdown. Rimanendo chiusi in casa, i bambini e i ragazzi «hanno avuto a disposizione i device con tempi e modalità fuori dal controllo degli adulti», con il conseguente boom dell’accesso a contenuti pornografici, pedopornografici o, come minimo, discutibili.
Pillon ha anche ricordato l’approvazione, avvenuta all’inizio dell’estate 2020, della legge sui sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio. Si trattò di un emendamento avanzato dallo stesso senatore leghista nell’ambito del decreto giustizia, con cui è stata introdotta la facoltà di inserire una app gratuita sul cellulare, in grado attivare il parental control ai fini di bloccare tutti i contenuti inadatti ai minori. La legge venne approvata all’unanimità, tuttavia ancora manca un «regolamento attuativo» la cui stesura spetterebbe ora all’AGCOM. «Speriamo che questa norma venga applicata – ha sottolineato Pillon –. Non è la panacea, è solo un piccolo passo che va nella giusta direzione ma c’è ancora molto da fare. Gli adulti non si rendono conto dei rischi che corrono i più piccoli». Il senatore ha elogiato l’impegno di Pro Vita & Famiglia e di Meter onlus (che collabora attivamente alla campagna) e, a nome dei colleghi parlamentari, ha detto: «Anche noi ci faremo parte diligente affinché la campagna arrivi ai massimi risultati. Non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia su questo rischio che corrompe i ragazzi dall’interno».
Indispensabile il contributo del mondo politico
Ad intervenire, inviando una nota scritta, anche la presidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia, Licia Ronzulli. Quest’ultima, nella relazione scritta inviata in occasione della conferenza stampa, ha sottolineato come il lockdown abbia procurato danni psico-sociali in particolare agli adolescenti, che hanno «dovuto rinunciare, per oltre un anno, ad un elemento fondamentale della loro crescita: la socialità». La conseguenza è stata l’«aumento considerevole di atti di autolesionismo», accompagnato dall’«aumento vertiginoso dei “tradizionali” cybercrime» e dalla «nascita di nuovi pericolosi fenomeni criminogeni».
Si rendono dunque necessari, ha proseguito la senatrice Ronzulli, interventi di «prevenzione» e di «educazione» sia da parte della «scuola» che della «famiglia», in particolare in ambito «digitale». Altra azione utile è quella di «spingere le giovani vittime a denunciare chiamando le linee di assistenza dedicate, come quella di Telefono Azzurro, o rivolgendosi a “qualcuno di cui si fidano”, un genitore, un familiare, un educatore, un insegnante, il proprio pediatra». Ronzulli ha infine espresso soddisfazione per l’inserimento nell’ambito del PNNR, dello «psicologo a scuola». «Si tratta – ha detto la senatrice – di una questione molto importante visto quanto il benessere emotivo e la socialità degli studenti sono stati compromessi dalla pandemia e dalle sue dirette conseguenze, dal lockdown alla DAD, alle altre limitazioni».
Meter Onlus: un progetto all’avanguardia
Da parte sua, intervenendo in videocollegamento, don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente di Meter Onlus, ha precisato che l’iniziativa non intende affatto «demonizzare la rete», che, al contrario, rappresenta una «opportunità di libertà e di relazione», fermo restando che rimane un «luogo da abitare responsabilmente».
Don Di Noto ha quindi raccontato di come, circa un quarto di secolo fa, prese forma la sua battaglia contro la pedopornografia, quando il fenomeno Internet era agli albori. «All’inizio c’era grande diffidenza», ha ricordato il sacerdote, ma, con il tempo, «la tenacia e l’impegno hanno portato molti parlamentari ad agire in questo ambito». Meter ha quindi affiancato altri organismi come l’Osservatorio Mondiale Contro la Pedofilia (OS.MO.CO.P.) nel monitoraggio e nella prevenzione del fenomeno, collaborando anche con le polizie postali di vari paesi. Soltanto negli ultimi dodici anni, Meter ha dato assistenza a 1832 vittime della pedofilia «e non è cosa da poco», ha commentato.
In particolare, nei mesi della pandemia, le polizie postali hanno riscontrato un aumento pari al 132% degli adescamenti di minori sui social, ha aggiunto Di Noto, osservando però, che, prima ancora dell’aiuto alle vittime, è importante lavorare sulla «responsabilità dei server-provider». Il presidente di Meter ha quindi denunciato il poco conosciuto ma assai diffuso fenomeno delle “pedomama”, ovvero madri che abusano sessualmente dei loro figli: di esse sono stati riscontrati quest’anno almeno 2562 video. Don Di Noto ha sollecitato una «unità d’intenti» tra i soggetti responsabili: l’assenza di una compattezza attorno all’obiettivo della tutela dei minori sarebbe «molto grave per la nostra società», ha detto. «Un abuso è un fatto pesantissimo che non si dimentica. Salvare un bambino – ha quindi concluso Di Noto – non è solo salvare il mondo intero ma significa dare speranza».
Un mese di sensibilizzazione
Alcuni dettagli della campagna Piccole vittime invisibili sono stati illustrati dall’avvocato Alessandro Fiore, membro di Pro Vita & Famiglia e coordinatore dell’intero evento. «La campagna durerà fino alla fine del mese e prevede varie iniziative – ha spiegato Fiore –. Domani lanceremo un documentario sull’operato di Meter. Seguiranno iniziative di sensibilizzazione online e offline, dal 13 settembre faremo affissioni a Roma e a Milano».
Anche l’avvocato Fiore si è soffermato sui numeri del fenomeno pedopornografico, favorito probabilmente anche dal fatto che «quasi il 18% dei ragazzi trascorre più di quattro ore al giorno sui social». Inoltre, secondo il governo britannico, «i crimini online sono aumentati del 70% negli ultimi tre anni». Il National Society for the Prevention of Cruelty to Children (NSPCC) riferisce che «più di un bambino su quattro con un profilo sui social, ha sperimentato qualcosa di sconvolgente ma solo uno su cinque ne ha parlato con qualcuno».