“I tempi stanno cambiando” è la frase più comune fra gli adulti della generazione del ’60. Per loro è stato sconvolgente vedere i propri figli adolescenti parlare in codice attraverso dei cellulari (grossi e obsoleti rispetto a quelli di oggi) e attualmente è ancor più disarmante vedere i figli di quei figli nascere già digitalizzati. Sono i nativi dell’era digitale. Un cambiamento antropologico irreversibile.
Si tratta, ovviamente, di una delle tante forme di evoluzione scientifica. Il progresso si può definire tale infatti, lì dove esso comporta un miglioramento nello stile di vita e un considerevole aumento della felicità.
I device digitali e dunque il Web – che no vanno assolutamente demonizzati in quanto tali – possono nascondere insidie e pericoli, soprattutto per i più piccoli. I fattori di rischio sono infatti molti, soprattutto quando il digitale viene a contatto con il mondo della corporeità e, dunque, della sessualità.
È attraverso il corpo che un ragazzo o una ragazza si mostra al mondo, è sulla base di ciò che verrà rimandato dagli altri (riguardo al suo corpo) che riuscirà o meno ad identificarsi con la massa e a sentirsi a suo agio fra i coetanei. Ecco perché l’abbigliamento, il tatuaggio, il colore dei capelli, ogni cosa confluisce in quel bisogno di esercitare una fascinazione sugli altri e in quello di dissimulare allo stesso tempo, e ad ogni costo, il suo eventuale disagio.
La finestra virtuale gioca in questo il suo ruolo fondamentale: quale miglior modo per urlare “guardatemi, accorgetevi di me”?
I più piccoli, non di meno, riescono ad identificarsi meglio in piattaforme musicali come TikTok, Musically o Snapchat (caratterizzata invece da contenuti multimediali modificabili da una gran quantità di disegni ed effetti speciali), ma resta il fatto che anche loro sono in questo modo eccessivamente esposti ad una rete di perfetti sconosciuti.
Ogni video postato può essere duplicato, modificato, conservato nella galleria di qualsiasi telefono ed è qui che la Rete può diventare davvero “malvagia” quando entrano in gioco quelle persone, quegli adulti, quei criminali che adescano e sessualizzano precocemente i bambini.
L’adescamento dei minori infatti, non è mai stato così semplice e, intrattenere conversazioni promiscue attraverso un profilo falso, è un gioco da ragazzi.
Se questo problema si stava già solidificando in questi ultimi anni, dal lockdown in poi si è completamente radicato nella cosiddetta “generazione Z”.
Il disagio psichico è salito alle stelle, così come l’autolesionismo e, appunto, la sessualizzazione in rete.
Quando il futuro si sgretola e la progettualità si dissolve in un problema più grande (come il lockdown, il Covid) bambini e ragazzi non possono che rifugiarsi nel presente.
Il presente, se non adeguatamente controllato e vissuto con consapevolezza, è rappresentato dall’immediatezza dei social, dalla velocità degli incontri virtuali, dal gratificante ottenimento di like nel mostrare tutto ciò che dovrebbe restare un’informazione intima. I nostri ragazzi e i nostri bambini hanno costruito un rifugio segreto quasi impenetrabile e, se in quel rifugio ricevono minacce e ricatti, gli adulti potrebbero non divenirne mai al corrente.
Ma, come risolvere il problema? Ciò che manca oggi, alla generazione touch, è avere progetti di vita. Ecco perché la riapertura delle scuole risulta funzionale al recupero di questo profondo disagio, così come è necessario riproporre attività gregarie pomeridiane, progetti formativi, incontri mirati a rieducare il valore che li caratterizza e di cui non sono affatto consapevoli.
Teniamo ben presente che gli adescatori virtuali sono dei grandi ascoltatori: con loro i bambini, nella fase consolidativa dell’ “amicizia”, possono aprirsi, raccontare loro abitudini, frustrazioni, situazioni familiari che più li portano a quell’ingannevole forma di isolamento.
Quando c’è un ascolto costruttivo, invece, e quando vengono costruiti dei progetti educativi intorno a loro, bambini e ragazzi riscoprono la bellezza del mondo, soprattutto di quello offline.
Mettere dei blocchi sui cellulari servirà sicuramente a qualcosa, ma ciò che questa generazione sta urlando, in tutte le lingue, è il bisogno di comprendere cosa accade in questo mondo che sembra andare troppo veloce per loro.
Se prenderanno confidenza con il futuro, se potranno riporre in esso delle aspettative valide, allora impareranno ad usare il presente per costruire un domani. Perché questo avvenga, gli adulti devono essere dei mediatori motivazionali, non dei controllori; devono incarnare la parte dei formatori e non quella dei censori.
Nessun bambino sente il bisogno di rifugiarsi in sé stesso, quando intorno a sé vive un’ambiente stimolante.
L’appello, dunque, a mamme e famiglie e di non abbandonare i propri figli. Così come non abbandonereste mai i vostri figli in un mare aperto pieno di squali, non lasciateli soli e senza controlli davanti ad una telecamera collegata ad interne, perché può facilmente diventare molto peggio di un oceano pericoloso.