L’attacco alla sede di Pro Vita & Famiglia, avvenuto lo scorso 26 novembre, durante la Manifestazione contro la violenza sulle donne, ha svelato la totale contraddizione degli aggressori, ovvero collettivi femministi e transfemministi, forti anche della rivendicazione del gesto da parte di “Non Una Di Meno”. Denigrando la maternità, si finisce con il denigrare le donne, essendo la maternità una loro prerogativa esclusiva. A sostenerlo, a colloquio con Pro Vita & Famiglia, è il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi che, per l’occasione, esprime riprovazione per l’aborto, da lui ritenuto l’extrema ratio.
Onorevole Sgarbi, come commenta l’aggressione alla sede di Pro Vita & Famiglia, avvenuta due sabati fa?
«Quando una donna rimane incinta, non si tratta di qualcosa che capita per caso, a meno che l’unico valore sia il sesso. Quindi, salvo che vi sia un’emergenza sanitaria o una ragione di forza maggiore, come appunto la violenza patita da un uomo, l’aborto è di per sé innaturale e dovrebbe restare un’extrema ratio. L’idea che Pro Vita & Famiglia sia stata colpita – l’ho visto anche l’altra sera al programma di Formigli – perché difende il principio della vita e della maternità, mi sembra proprio un attacco alle donne, visto che la maternità è una loro esclusiva. Quindi, l’attacco che la vostra onlus ha subìto è, in realtà, la prova che i primi nemici dei valori di tutela della donna sono quelli che credono di difenderli attraverso quel metodo. È evidente che quell’aggressione sia stato un errore grave: non un errore che si possa riparare ma proprio un errore di fondamento. Si può essere in contrasto con la visione cattolica o cristiana; tuttavia, non si può pensare che l’aborto sia un diritto senza regole o limiti: questa visione non sarebbe da uomini ma da animali. Quindi, l’aggressione subìta dalla vostra onlus vi procura un vantaggio dal punto di vista culturale, perché si è capito che i vostri aggressori non hanno valori e principi di vero rispetto per la donna, né vero rispetto per i valori in generale».
Come valuta il fatto che una buona parte degli esponenti dell’opposizione non abbiano condannato l’accaduto?
«Erano distratti, quanto accaduto non è qualcosa di interpretabile ma un’espressione di violenza inaccettabile. Comunque, al di là della mia interpretazione, l’episodio mette in discussione i principi stessi delle loro azioni anche quelle “non violente”. Sarebbe come dire che uccidere un criminale è giusto, vorrebbe dire legittimare la pena di morte. Sarebbe come dire che un mafioso come Riina sarebbe giusto ucciderlo. Quindi, in sé, è un atto inaccettabile, che mina di fatto i principi stessi della difesa della donna che loro stessi vogliono rappresentare. Di per sé, l’aborto come legge esiste e non si può immaginare di tornare indietro ma non si può neanche pensare che debba essere inteso come una scelta indiscriminata, cioè senza che ci sia una motivazione che lo rende una scelta triste, non in nome della libertà della donna ma in nome della sua necessità».
Due anni fa vi fu l’assalto alla Cgil e il fatto – giustamente – fu condannato. Stavolta l’episodio è passato decisamente in sordina. Perché due pesi e due misure?
«È, per l’appunto, la prova che quella contro la sede della Cgil fu un’azione inaccettabile. Quest’ultima lo è altrettanto ma gli attori sono diversi. Peggio per chi discrimina ma, alla luce di quanto dicevo prima, in un certo senso dovreste essere contenti di essere stati discriminati».