In una società in cui il valore della vita è misurato solo in base all’ambiguo parametro della sua “dignità”, c’è ancora, fortunatamente, chi le attribuisce un valore assoluto. Stiamo parlando dell’ultimo fulgido esempio di amore materno che arriva fino al sacrificio di sé: è la storia di Silvia Pozzan, 36 anni, di Sossano, che ricorda molto il calvario attraversato per amore da Chiara Corbella. Silvia è morta pochi giorni fa, dopo aver lottato con tutte le sue forze contro più mali, per tre anni. Infatti, proprio tre anni prima, mentre era incinta del suo primo bambino, le viene diagnosticato il linfoma di Hodgkin, contro cui aveva già combattuto dieci anni prima.
Un incubo tornato a riaffacciarsi in un momento particolarmente delicato della sua esistenza e che l’ha posta di fronte a un bivio: la possibilità di curarsi con la chemioterapia e, forse, guarire rinunciando al suo bambino, o la piccola vita aggrappata al suo grembo a costo della sua. Per Silvia non ci sono dubbi: senza esitazione rifiuta sia l’aborto che la chemioterapia e decide di assumere solo cortisone, per proteggere la vita del suo piccolo Lorenzo, nonostante il marito, in preda alla disperazione, le chieda di tornare sui suoi passi, per ricredersi, però, immediatamente dopo, ammirato dall’eroica lotta di sua moglie.
Dopo aver dato alla luce il piccolo, la donna riprende le cure, rimanendo in ospedale per ben due mesi e affrontando, nel frattempo, anche un trapianto di cellule staminali. Proprio quando la situazione sembra essere tornata sotto controllo, le viene diagnosticato un secondo tumore, questa volta al seno. Il calvario di Silvia continua tra chemioterapie e asportazione del seno, tutto questo senza derogare mai al proprio ruolo di madre ma, anzi, continuando a prendersi cura a pieno ritmo del piccolo Lorenzo. Tuttavia, come se tutto ciò non bastasse, un problema al cuore la costringe a ridurre le chemio di mantenimento, finché, poche settimane fa, durante un controllo ecografico, viene evidenziata la presenza di una massa tumorale al fegato che le intacca anche la milza e in appena due settimane, la tenace lotta di Silvia cessa, lasciandoci però l’esempio altissimo di una donna che non si è tirata indietro di fronte a una prospettiva di sofferenza, superata, anzi, evidentemente, grazie all’intima consapevolezza, dimostrata coi fatti, che non esiste amore più grande di chi dona la vita per coloro che si amano.
Manuela Antonacci