21/10/2022

Solidarietà agli Universitari per la Vita, aggrediti dagli abortisti alla Sapienza di Roma

Esprimiamo la nostra piena solidarietà agli Universitari per la Vita, che ieri sono stati attaccati da un collettivo femminista davanti all’entrata dell’Università Sapienza di Roma per il solo fatto di aver distribuito dei volantini contro l’aborto. Questo attacco mostra la natura chiaramente anti-democratica e oppressiva di certi gruppi progressisti che vorrebbero negare ai pro-life persino il diritto di parola.  

Segue il resoconto dei fatti pubblicato sul sito degli Universitari per la Vita.


Cari amici, ieri un gruppo di Universitari per la Vita, chiedendo regolare autorizzazione alla Questura, ha svolto un volantinaggio in Piazzale Aldo Moro, davanti all’entrata dell’Università Sapienza di Roma. Il permesso era dalle 11:00 alle 13:00 e per la prima ora e mezza tutto si è svolto in maniera più o meno tranquilla, eccettuato il fatto che alcuni studenti, increduli, ci hanno strappato i volantini in faccia in segno di totale disprezzo (nell’immagine a destra vedete una “vittima”).

Avremo consegnato, orientativamente, più di 300 volantini, ma la maggior parte degli studenti che li ha presi è rimasta totalmente indifferente. E, a dir la verità, ciò che fa davvero paura non è il disprezzo, ma l’indifferenza. Andiamo oltre. Ad un quarto d’ora dalla fine, si sono palesate circa una ventina di persone di un collettivo femminista che, con un manifesto “Fuori gli antiabortisti dall’università” (in figura) e megafoni alla mano, ci hanno intimato, con fare minaccioso, di andarcene seduta stante da lì, come se l’università fosse una loro proprietà.

Detto che “fuori dall’università” già c’eravamo, visto che il volantinaggio era nel piazzale antistante all’entrata, è veramente intollerabile che si sia arrivati al punto di non poter più neanche parlare. Per loro l’aborto è un dogma indiscutibile e, dunque, chiunque osi anche solo sollevare un’obiezione deve essere distrutto, letteralmente. Se non fosse intervenuta la Polizia, lì presente per vegliare sulla nostra attività, probabilmente ci sarebbe stata un’aggressione anche fisica e non solo verbale.

Ora, è chiaro che il loro proliferare e imperversare è dovuto al silenzio che c’è sul tema: se la verità fosse gridata dai tetti, urlare che sopprimere innocenti è un “diritto” non sarebbe nemmeno lontanamente concepibile! Ci hanno detto frasi come “se l’inferno esiste, sarete proprio voi ad andarci”, oppure “voi non potete stare qui perché plagiate le menti degli studenti”. Dire la verità sul concepito sarebbe plagiare le menti degli studenti e meritevole dell’inferno? Affermare la sua umanità e mostrarla, con tanto di ecografia, è semplicemente evidenza di una realtà incontrovertibile. Solo chi è nel vortice perverso dell’irrazionalità può affermare che nel grembo materno non c’è un essere umano. Le persone davvero plagiate sono proprio quelle che neanche si rendono conto di esserlo.

Ad un certo punto abbiamo chiesto loro: “Ma voi avete paura di noi?”. La ragazza col megafono ha risposto: “Sì, abbiamo paura di voi, perché volete toglierci diritti”. Fanno bene ad avere paura, ed è significativo perché ben sanno che con un confronto diretto, entrando nel merito, non avrebbero alcuna possibilità. Non ci sarebbe motivo, se la loro fosse una realtà davvero consolidata, di temere cinque studenti che fanno un volantinaggio. Invece, la loro esistenza è subordinata al nostro silenzio: solo se l’interlocutore tace allora hanno modo di imporre la loro visione distorta della realtà. I loro metodi richiamano quelli dei regimi totalitari, nei quali ogni voce di dissenso deve essere necessariamente soppressa per permettere che essi rimangano in piedi. Ma, in definitiva, sono dei giganti con i piedi d’argilla. Basta una parola di verità per far crollare tutto il castello di carte che hanno “costruito” in questi anni. Basta la nostra presenza a ricordare loro che, se oggi possono urlare al megafono, è perché le loro rispettive madri non si sono avvalse del “diritto” di ucciderli.

Un ragazzo, prendendo il nostro volantino e sbuffando, ha gridato “50 anni di battaglia per l’aborto e ancora siamo qui a discutere”. Sì, perché non bastano 50 anni, neanche 100, nemmeno un tempo infinito per trasformare in giusto e buono ciò che è intrinsecamente ingiusto e malvagio. L’aborto, non ci stancheremo mai di dirlo, lungi dall’essere un diritto, è piuttosto un delitto che distrugge la vita di un essere umano innocente. Questo è un dato che né le parole, né i megafoni, né gli squadrismi potranno mai cambiare. E allora rimane solo la violenza che rompe lo specchio per impedire che la realtà vi si rifletta e ci si debba fare i conti.

Alla fine, terminato il tempo a nostra disposizione, mentre stavamo per andarcene, un ragazzo ha impugnato il megafono e ha urlato: “siamo riusciti a cacciare gli antiabortisti dall’università! Evviva!”. Scena già vista nel 2018, quando fummo attaccati (quella volta, vi fu anche un’aggressione fisica), ed esultarono per averci cacciato. In realtà non sono riusciti nel loro intento, visto che siamo rimasti esattamente fino all’ultimo minuto per cui avevamo l’autorizzazione e non ci hanno fatto desistere prima.

Possono attaccare noi, possono anche farlo in maniera reiterata, ma non ci stancheremo mai di dire la verità. Noi non ci fermeremo fintanto che il delitto dell’aborto non sarà definitivamente fermato, così come le leggi ingiuste che lo incentivano e sostengono. Continueremo, come sempre, ad essere voce dei senza voce.

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