Venerdì scorso papa Francesco, ricevendo in udienza i rappresentanti della Federazione delle Associazioni Familiari in Europa (FAFCE), ha toccato numerosi temi etici, dalla questione demografica alla pornografia, fino all’utero in affitto. A riguardo, Pro Vita & Famiglia ha raccolto il commento di Nicola Speranza, segretario generale del FAFCE.
Il Papa si è espresso contro l’utero in affitto. Quale l’impegno della Fafce?
«Nel 2016, insieme ad altre organizzazioni, la FAFCE riuscì a far bocciare una risoluzione che proponeva la legalizzazione in Europa della cosiddetta maternità surrogata “altruista”. Sappiamo bene, però, che non c’è nulla di altruistico nel togliere un bimbo a sua madre. Anche qui, però, è fondamentale lavorare in rete, in maniera non ideologica, cercando un terreno d’azione comune a numerosi altri gruppi, come quelli femministi, che riconoscono l’aberrazione dell’utero in affitto. In un momento storico in cui esso è considerato ancora illegale nei maggiori Stati membri dell’UE, non possiamo permetterci di restare sulla difensiva. L’obiettivo dev’essere quello di proibire tale pratica a livello internazionale, stando all’erta sui tentativi impliciti di legittimazione: penso, ad esempio, alla direttiva sulla genitorialità transfrontaliera che la Commissione Europea sta pensando di introdurre. Su tutto questo stiamo lavorando a Bruxelles e a Strasburgo».
Qual è, invece, il messaggio che è arrivato dal Papa sull’inverno demografico?
«La questione demografica è tra le maggiori preoccupazioni di Papa Francesco ma è sotto gli occhi tutti e – come ha fatto notare finanche Elon Musk – riguarda il mondo intero. Nelle stanze dei bottoni, a Bruxelles e Strasburgo, nessuno sembra rendersi conto della gravità della situazione, anche se bisogna riconoscere che la Commissione europea ha dedicato una vicepresidenza al tema e che il Parlamento europeo ha un intergruppo dedicato alle sfide demografiche. Siamo però ancora lontani da una piena presa di coscienza sul tema, nell’ambito delle istituzioni europee. Si tratterebbe, come ha sottolineato il Papa di fare investimenti nell’interesse delle famiglie stesse. Per far ciò, avremmo bisogno che associazioni, Chiesa, imprenditori, politica, media, collaborassero. Come ha spiegato il nostro presidente Vincenzo Bassi nell’indirizzo di saluto al Santo Padre, le associazioni familiari non rappresentano interessi particolari o di categoria, ma lavorano per il bene comune».
Contrariamente a quanto sostengono alcuni “ambientalisti”, il Pontefice ha spiegato che avere figli non è una mancanza di responsabilità nei confronti del Creato. Come si può tradurre concretamente questo concetto?
«Si tratta di un tema strettamente legato alla questione demografica. Le false idee per cui saremmo in troppi su questa terra e per cui fare figli sarebbe, in pratica, un atto inquinante sono spesso usate come argomenti per soffocare sul nascere o demolire le politiche familiari. Al contrario, i veri problemi sono il consumismo, l’individualismo, la distribuzione delle risorse. E la famiglia, come prototipo d’impresa e cellula vivente alla base della società, è il contrario di tutto ciò: in essa si ottimizzano le risorse e si tende a ridurre al minimo lo spreco. Ci onora il fatto che il Santo Padre ha fatto sue le parole del nostro Consiglio di presidenza. Al contempo, ci riempie di responsabilità ancora maggiori per dare concretezza a queste esortazioni».
Cosa ha inteso il Papa, quando vi ha parlato di «reti di famiglie»?
«Le famiglie hanno un’esigenza urgente di organizzarsi, per poter vivere in pienezza la propria vocazione e prendere iniziative per il bene comune, per vincere la “pandemia della solitudine” di cui ci parlava papa Francesco. Già nel 1981, nella Familiaris Consortio, San Giovanni Paolo II esortava le famiglie ad unirsi in associazioni, altrimenti sarebbero state “le prime vittime di quei mali, che si sono limitate ad osservare con indifferenza” (FC n°44). Papa Francesco ci ricorda che quell’appello è più che mai attuale e urgente. Vediamo anche una profonda continuità con papa Benedetto XVI che ci parlava di minoranze creative, non isolate e chiuse in sé stesse, ma capaci di rigenerare la società tutta. Con linguaggi diversi, i primi pontefici del XXI Secolo ci ricordano che bisogna smettere di pensarsi maggioranza e prendere sul serio la nostra missione di battezzati, dandoci anche gli strumenti per scoprirla e viverla».
Un altro tema toccato da Francesco è stato poi quello della pornografia. . .
«Il Papa aveva già denunciato in passato l’ipocrisia di una società ipersessualizzata, che promuove il sesso libero, e che al contempo dice di voler proteggere i bambini. Nell’udienza che ci ha concesso, però, ha fatto un passo avanti, affermando che la pornografia è un problema di salute pubblica. Non si tratta soltanto di proteggere i minori. Si tratta di debellare una vera e propria malattia diffusissima nella società, che ha gravi conseguenze su tutti: la pornografia non è l’unica causa della violenza dilagante tra i giovani e degli abusi sessuali, ma di certo essa favorisce enormemente tutto ciò. Per non parlare della tratta di esseri umani ad essa connessa e della dipendenza cronica che provoca in tanti giovani. Anche qui il Papa ci scuote: non possiamo continuare a guardare a questa piaga della pornografia come ad un fenomeno ristretto, da lasciare al sacro segreto della confessione e ai trattati di morale. È un problema che riguarda tutti».