21/05/2013

Stato finanzi scelte di vita e non di morte

Con eutanasia rischio di umanità suicida e depressa

In una società sempre più alla deriva, protesa nella ricerca di benessere e di potere, incapace di orizzonti alti, immersa in un perenne presente senza futuro, ogni tanto si fa vivo qualcuno che ripropone il tema dell’eutanasia. Le argomentazioni a cui si ricorre la dicono lunga sull’inquietudine e sull’ansia che ormai dominano la nostra breve esistenza, troppo poco illuminata dalla prospettiva del traguardo finale. La vita resta sempre un miracolo: dal bambino appena nato al disabile, dall’anziano al malato terminale che conduce un’esistenza apparentemente inutile. Ogni persona, anche la più gravemente inferma, non potrà essere mai equiparata ad un oggetto, una macchina che, divenuta vecchia, difettosa o inutilizzabile, venga rottamata ed eliminata, come se niente fosse. L’atteggiamento di alleviare il dolore con la morte, se portato alle estreme conseguenze, si può applicare ad ogni tipo di sofferenza e di malattia che invece hanno sempre un significato in quanto fanno parte integrante dell’uomo. C’è il rischio di creare un’umanità suicida e depressa, “anestetizzata” ed in permanente stato di torpore, che di fronte ad eventi tragici e dolorosi, alzi bandiera bianca e dica: “lascio perdere tutto e la faccio finita”.

La politica non è l’unica ed esclusiva realtà sociale a decidere sulla vita della persona. Nessuno può legittimamente privare un suo simile di questo dono perché ciò significherebbe compiere una vera e propria violenza innaturale e disumana. Non è giusto che la dignità e la salvaguardia dell’esistenza dipendano da logiche di schieramento politico o di potere; dovrebbero essere libere da qualsiasi condizionamento e sempre dalla parte del diritto e dell’insostituibilità di ogni individuo. Benedetto XVI ha chiaramente affermato che “l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto dolce, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano”.

È altrettanto concreto e nemmeno così assurdo, ripercorrendo la storia del XX secolo, il pericolo di diventare insensibili e crudeli a tal punto da pretendere di progettare a tavolino uomini perfetti. Bisogna combattere quella mentalità per la quale chi è debole è destinato a soccombere e quindi può essere anche abbattuto, mentre chi è forte, sano e bello diventa l’unico modello proponibile ed accettabile; altrimenti si ritorna alla cultura di Sparta, dove solo le persone dotate di aspetto fisico denotante vigore e salute vivevano, le altre venivano fatte fuori. Una società che si prende cura dei più deboli ha un’alta statura morale, una società che usa i suoi beni e le sue strutture per far morire è necrofila. E’ necessario chiedere insistentemente allo Stato di finanziare scelte di vita e non di morte, sostenendo le migliaia di famiglie che tengono presso di sé i loro figli con gravi disabilità. Abbiamo dimenticato che la pratica costante della fede può però guidarci oltre, spingerci verso una speranza che non vede mai abbandonare il credente come ci ricorda Papa Francesco, speranza da cui trarre forza e coraggio nel momento di aprirci alla vita vera. Gli uomini oggi hanno bisogno di messaggi positivi, di orientare la loro volontà, di recuperare lo spirito di sacrificio, di riscoprire Dio per credere nelle possibilità di riscatto, soprattutto in quello eterno. Don Aldo Buonaiuto (Comunità Giovanni XXIII).

di Don Aldo Buonaiuto

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