La Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe mettere al bando i trattamenti di “cambio di sesso” per i minori con disforia di genere. La più alta magistratura statunitense, infatti, è stata investita da un caso - United States vs. Skrmetti – pronunciandosi sul quale potrebbero determinarsi svolte significative a tutela dei bambini.
La vicenda giudiziaria
L’intero caso giudiziario si è originato perché nel Tennessee, Stato del Sud a maggioranza repubblicana, è stata introdotta - promossa dal leader della maggioranza al Senato, il repubblicano Jack Johnson - la messa al bando di una serie di trattamenti per i cosiddetti “adolescenti transgender”, vale a dire terapie ormonali e bloccanti della pubertà. Tutto ciò da un lato stoppa i medici e, dall’altro, preserva naturalmente i giovani, dato che la migliore letteratura scientifica ha accertato come proprio le terapie ormonali e i bloccanti della pubertà ben poco contribuiscano al bene dei minori con disforia di genere. Semmai è il contrario, dato che sono numerosissimi i giovani che, dopo qualche tempo dall’assunzione di determinati trattamenti, si pentono di questo percorso e decidono di tornare alla loro identità biologica originale. Stiamo naturalmente parlando dei detransitioners, che proprio negli Stati Uniti – ancorché guardati con sospetto dal movimento Lgbtq, che li considera quasi dei traditori della causa o ne minimizza la rilevanza - sono presenti in gran numero. Prova ne è stata anche la toccante testimonianza, portata in Italia grazie a Pro Vita & Famiglia, di Luka Hein, giovane che in un partecipatissimo tour nella nostra penisola ad ottobre ha potuto raccontare la sua storia.
La decisione della Corte Suprema
Ma torniamo alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che esaminando il caso United States vs. Skrmetti è chiamata a stabilire se abbia ragione lo Stato del Tennesse o se l’abbiano i querelanti, alcuni genitori di giovani transgender, l’American Civil Liberties Union (ACLU) e lo stesso governo federale. Secondo questi ultimi sussiste una pesante contraddizione nel divieto della prescrizione di farmaci che, è vero, sono perfettamente legali quando usati per trattare altre condizioni come la pubertà precoce. «La legge vieta trattamenti specifici solo quando non sono coerenti con il sesso assegnato alla nascita. È proprio questa incoerenza a renderla incostituzionale», sostengono per la precisione quanti hanno trascinato in tribunale lo Stato del Tennessee. Proprio quest’ultimo, con il procuratore generale Matthew Rice, difende la norma sotto processo asserendo che non si è in presenza di alcuna discriminazione di genere, ma solo del tentativo di limitare lo scopo del trattamento a tutela del bene dei minori. Tesi, quest’ultima, che non si può non sottoscrivere dal momento che, come prova uno studio pubblicato nel 2022 sul Journal of Homosexuality e condotto su 237 detransitioners, nella grande maggioranza dei casi la transizione non risolve affatto il disagio emotivo preesistente.
Quando è previsto il verdetto
Per questo bene fa il Tennesse a non arretrare di un millimetro e bene farà la Corte Suprema a valutare con attenzione questo caso, anche se ci sarà da aspettare, almeno fino alla prossima primavera-estate. A tal proposito, però, un cauto ottimismo sul possibile verdetto è alimentato da un clamoroso precedente: quello che, nel giugno 2022, ha visto la stessa Corte, sempre a maggioranza conservatrice com’è oggi (soprattutto, va detto, grazie alle nomine fatte da Donald Trump durante il suo primo mandato presidenziale), rovesciare con un verdetto storico la sentenza Roe vs. Wade del 1973, che per mezzo secolo aveva elevato l’aborto a diritto di rango costituzionale. Come per l’aborto anche per i trattamenti per i minori affetti da disforia di genere – o presunti tali, dato che come sappiamo una certa fretta diagnostica porta tanti giovani alla somministrazione dei bloccanti della pubertà senza neppure essere stati visitati da uno psicologo -, nel giudizio della Corte Suprema degli Stati Uniti prevarranno il buon senso e la ragione? Non resta davvero che augurarselo.