È di questi giorni la notizia che l’Università Bocconi di Milano ha iniziato ad analizzare il progetto di telelavoro messo in campo dalla Provincia Autonomia di Trento, TelePat.
L’obiettivo è presentarlo come best practice italiana all’interno del progetto di ricerca LIPSE finanziato dall’Unione Europea sull’innovazione sociale nel settore pubblico.
Nel sito di Family Audit – uno strumento manageriale che promuove un cambiamento culturale e organizzativo all’interno delle organizzazioni, e consente alle stesse di adottare delle politiche di gestione del personale orientate al benessere dei propri dipendenti e delle loro famiglie – si legge in merito: “Con il progetto TelePat la Provincia autonoma di Trento si è posta un duplice obiettivo: contenere e razionalizzare la spesa pubblica e conciliare tempi di lavoro e di vita dei dipendenti attraverso il telelavoro; da qui il riconoscimento con l’assegnazione del premio Smart Working Awards 2014.
Il progetto provinciale è infatti risultato un esempio a livello nazionale e internazionale che anche nella pubblica amministrazione si può fare innovazione organizzativa, garantendo più benessere alle persone e riuscendo nel contempo a mantenere un buon livello di servizi e di sostenibilità ambientale. In questo processo l’Agenzia per la famiglia ha dato un notevole impulso”.
Il progetto TelePat, oltre a risultare innovativo e competitivo sul piano economico e gestionale per le organizzazioni, risulta essere molto interessante sul piano della conciliazione tra il lavoro e la vita familiare. E questo soprattutto in ottica femminile, dal momento che è sempre più evidente che una donna non può contemporaneamente essere moglie, madre, lavoratrice, casalinga, sportiva e quant’altro… a volte rischia di ricoprire tutti questi ruoli in maniera approssimativa!
Purtroppo, al giorno d’oggi, le donne non sono libere di scegliere di rimanere a casa a prendersi cura della propria famiglia e dei propri figli, a causa dell’assetto sociale e della difficile congiuntura economica che stiamo attraversando, che obbliga entrambi i coniugi a lavorare. In tal senso, quindi, il telelavoro potrebbe essere un’innovazione interessante.
Tuttavia, il ragionamento che s’intende qui abbozzare interessa le priorità che, come uomini e donne, è necessario porsi nell’affrontare la vita. Quello che oggi viene spesso fatto credere è che la famiglia sia un istituto obsoleto, che la maternità sia un ‘impiccio’ e che una donna per realizzarsi debba fare esattamente le stesse cose che fanno gli uomini. Eppure, se non si guarda la realtà con i paraocchi, le constatazioni che emergono sono opposte, ossia che la famiglia fondata sull’unione tra un uomo e una donna è il contesto ideale in cui generare e crescere un bambino e che è la maternità (carnale o spirituale), e non il lavoro, a costituire la prima fonte di realizzazione per una donna: anche le manager più affermate sentono infatti il bisogno di “prendersi cura di (un figlio, un nipote, un animale domestico…)”, è la natura femminile, non si scappa.
Appare quindi evidente come sia necessario – sia a livello individuale, sia per la società nel suo complesso – fermarsi a interrogarsi seriamente sugli aspetti cui dare priorità nella vita. E, in questa prospettiva, la vita e la famiglia non possono che essere concepiti quali valori cardine, cui è necessario tornare a tributare un ruolo preminente.
Ogni tanto tornare ai tempi antichi non corrisponde a una regressione, bensì a un più corretto bilanciamento delle priorità. L’uomo torni quindi a svolgere in maniera matura e responsabile il proprio ruolo di “ministro degli esteri”, spendendo le proprie giornate procacciando il necessario per il sostentamento della sua famiglia; la donna abbia invece il coraggio di tornare a rivestire il delicato ruolo di “ministro degli interni”, rendendo carne quel porto sicuro su cui è sempre possibile fare affidamento e mettendo il proprio genio relazionale ed educativo a servizio della famiglia, e quindi della società.
Giulia Tanel