La legge thailandese che definisce il matrimonio come l’unione tra "un uomo e una donna" è costituzionalmente valida e corretta. La Corte Suprema del paese ha deciso così nei giorni scorsi a fronte dei ricorsi delle lobby gay ed LGBTI che ne chiedevano la bocciatura.
Il governo, però, invece di felicitarsi che fa? Accelera le nuove norme per riconoscere le unioni civili LGBTI e dichiara che esse saranno ‘aperte a tutti i generi’. La sezione 1448 del codice civile e commerciale stabilisce che un matrimonio "può avvenire solo quando l'uomo e la donna hanno compiuto il diciassettesimo anno di età". Secondo la sentenza unanime della Corte Suprema la legge "non contravviene alla Costituzione". Il verdetto ha scatenato le critiche dei gruppi LGBTI che hanno dichiarato come, a loro avviso, “questa sentenza segni ancora un enorme passo indietro per le nostre lotte verso il riconoscimento del matrimonio omosessuale e l'uguaglianza dei diritti della comunità LGBTIQ+ in Thailandia".
Forse un passo indietro per i privilegi pretesi dalle lobby LGBTI, ma certamente una riaffermazione della centralità ed unicità del matrimonio e della famiglia naturale nel paese asiatico. Colpisce molto che il Governo del paese, invece di congratularsi con la Corte, proprio in questi giorni e a seguito della Sentenza, abbia deciso di accelerare nella revisione del progetto di legge sulle unioni civili, che consentirebbero le unioni LGBTI. Il vice primo ministro Wissanu Krae-ngam ha dichiarato che la legge proteggerà i diritti delle persone di tutti i generi. Tutti i generi? Ad oggi la Costituzione del paese ne cita solo due, i biologici ‘maschile e femminile’.