Anche nel Regno Unito è riuscito un trapianto di utero. Dal 2012, ne sono stati fatti circa 100 e sono nati circa 50 bambini, principalmente negli Usa e in Svezia.
È un'operazione molto difficile e costosa, che comporta un lungo tempo di recupero. Tenendo conto che non è un intervento salva-vita, ma che serve per "migliorarne la qualità", riteniamo sia necessario porsi alcune domande dal punto di vista etico.
1) È giusto spendere tanto in termini di costi, rischi e tempo (sia per la donna coinvolta che per la collettività), visto che non serve a salvarle la vita, ma per tentare di assecondare il suo desiderio(diritto!) a un figlio?
2) A differenza degli altri interventi analoghi (es: chirurgie plastiche) è necessaria una donatrice dell'organo, vivente, che si sottopone a una procedura altamente invasiva, mutilante, con un lungo periodo di recupero. Dopo un'isterectomia la paziente rischia anche di sprofondare in depressione. Il consenso allora sarà adeguatamente informato?
3) Si può esser certi di evitare abusi e forme di sfruttamento rispetto a donne povere e fragili (o parenti) che potrebbero essere indotte a "donare" l'utero come si "donano" gli ovuli e si affittano grembi?
4) È moralmente lecito amputarsi un organo sano (anche se per favorire - non salvare la vita - un'altra persona?
5) Il primo trapianto di utero nel Regno Unito è stato finanziato da un ente di beneficenza (per 25.000 sterline) e i chirurghi hanno lavorato gratis. Man mano che la procedura diventa più diffusa, sarà pagata dal servizio sanitario nazionale?
6) Per il principio di uguaglianza capovolto che oggi regna incontrastato, quando la tecnica sarà sufficientemente sviluppata sarà lecito trapiantare l'utero nei trans?
Fonte: Feministlegal.org
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