In abortionclinicdays.blog un operatore sanitario illustra come la clinica abortista in cui lavora sta pensando di offrire alle donne la possibilità di ” donare ” i resti del bambino abortito per scopi di ricerca. Nello stesso blog si stigmatizzano i pro life che “sfruttano” le foto dei poveri corpicini per gli interessi dei movimenti per la vita. Invece, nella sua clinica, c’è un totale rispetto per i “tessuti” abortiti. Testualmente:
“Laviamo bene il tessuto e lo esaminiamo. Viene trattato con rispetto e riposto con il nome della donna in un contenitore. Lo mostriamo alla paziente, se chiede di vederlo, e spieghiamo quale parte è il sacco, la placenta, quale parte è il rivestimento dell’utero, quale il resto della gravidanza (cioè il bambino/tessuto, come gli altri tessuti elencati, N.d.T.). Alcuni si fermano a pregare su di esso o chiedono che sia battezzato (ah!... si battezzano i tessuti, allora! N.d.T.) In alcuni casi è il personale della clinica che dice una preghiera, ringraziandolo per il suo sacrificio che ha consentito alla donna (non si dice “madre”, mi raccomando, N.d.T.) di continuare la sua vita.”
Certo, questo sì che è umano. Non fotografare i poveri piccoli per mostrare come vengono uccisi. Questi sì che li trattano con rispetto.
Dopo che li uccidono , naturalmente...
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Redazione