Pubblichiamo di seguito il commento di Mario Adinolfi, tramite un post facebook, sui dati Istat che rivelano il numero, esiguo, delle unioni civili celebrate in Italia.
Crolla il numero delle unioni civili tra Lgbt: erano state 4.376 nel 2017, sono appena 2.808 nel 2018. In un contesto dove tutto è giudicato dalla moda, si può ben dire che la legge Cirinnà non è più trendy. A sorpresa va forte invece il matrimonio, novemila sposi in più nel 2018 rispetto all'anno precedente, in totale 195.778 le nozze celebrate, quasi quattrocentomila persone ancora credono in questo istituto che molti danno per antiquato e desueto. Ma che evidentemente ha quel fascino che resiste alle mode correnti.
Repubblica ha subito letto i dati Istat affermando che i matrimoni civili superano quelli religiosi, sbandierando con soddisfazione la scristianizzazione della società. In realtà bisogna precisare che sette italiani su dieci continuano a preferire il matrimonio in chiesa, ovviamente come prime nozze. Poiché le seconde nozze in chiesa non si possono fare e anche queste sono in aumento (c'è voglia di famiglia secondo l'articolo 29 della Costituzione, anche dopo un fallimento) il numero complessivo dei riti civili supera quello dei riti religiosi, anche se di pochissimo: 50,1%. Da segnalare il vero problema che emerge dai dati Istat sul matrimonio in Italia diramati ieri: ci si sposa sempre più da vecchi.
L'età media per i maschi sfiora i 34 anni, per le ragazze è a 31.5 anni. Bisogna avviare una grande campagna per incentivare i matrimoni tra giovani, non a ridosso dei capelli bianchi: ne va della fertilità e della conseguente natalità. Andrebbe raccontata la gioia di un matrimonio tra ragazzi con i figli che arrivano presto, spingendo alla responsabilità e alla produttività. Magari sostituendo l'ormai obsoleta narrazione sulle famiglie arcobaleno, non solo numericamente irrilevanti ma anche ormai fuori moda per gli stessi standard Lgbt.