11/05/2015

Un altro colpo al cuore del matrimonio: il divorzio preventivo

Il divorzio, nel 1970, poi il divorzio facile, poi il divorzio breve, e presto – forse – il matrimonio gay, sono leggi che con metodica e sistematica precisione mirano a distruggere la famiglia e il matrimonio su cui essa si fonda: istituto giuridico antico, radicato nel diritto naturale.

Ma i colpi al cuore di quello che è al centro della crescita della società civile non finiscono qua.

Gli onorevoli Alessia Morani (Pd) e Luca D’Alessandro (Fi), tra i primi firmatari del cosiddetto divorzio breve, stanno cercando di far approvare un altro disegno di legge concernente i patti prematrimoniali. Una sorta di “divorzio preventivo”.

Forse qualcuno ci ha fatto caso seguendo qualche film americano: al momento del matrimonio gli sposi si promettono amore “eterno”, ma “se ci dovessimo separare” (non si può mai dire mai, no?) preparano un contrattino in cui stabiliscono preventivamente, in caso di divorzio, quanti soldi chi darà a chi, a chi va la casa ecc. ecc, in modo da semplificare ulteriormente il lavoro del giudice (o chi per lui) dovesse assegnare mantenimento, alimenti o altro.

Nel Codice Civile sarebbe introdotto l’art. 162 bis: «I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare un patto prematrimoniale in forma scritta diretto a disciplinare i rapporti patrimoniali in caso di separazione personale, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».

L’art. 108, C.C. invece definisce il matrimonio un “actus legitimus”, cioè un atto che non può essere sottoposto a termini o condizioni.

Ma se tecnicamente gli accordi prematrimoniali non sono un termine o una condizione, sostanzialmente danno per scontata la possibile fine di un legame che per sua natura dovrebbe essere a tempo indeterminatoBludental

Altrimenti quale differenza c’è tra un matrimonio e una semplice convivenza?

Un autorevole giurista, come Tommaso Scandroglio, su Corrispondenza Romana, rileva, infatti: “L’aspetto però più inquietante non è da rilevarsi sul piano giuridico, ma su quello etico e culturale. Dal punto di vista della morale naturale, accettare l’ipotesi di divorzio, così come fa il Ddl qui in esame, significa provocare la nullità del matrimonio che si andrà a celebrare. Infatti, non solo secondo il Codice di diritto Canonico, ma anche alla luce della legge naturale, il matrimonio esige dai nubendi l’accettazione della proprietà dell’indissolubilità. O vuoi una relazione che duri per sempre e rifiuti qualsiasi ipotesi di divorzio – e allora chiameremo questa relazione “matrimonio” – oppure non la vuoi – e allora dovremo chiamarla “convivenza”. Sul piano culturale c’è poi da rilevare che tale Ddl promuove una serie di disvalori preoccupanti”.

Infatti, praticamente, si realizza uno “strambo rovesciamento delle priorità. In altre parole non siamo più in presenza di un matrimonio divorziabile, ma di un divorzio matrimoniabile. Prima ti assicuro che puoi divorziare e poi potrai decidere di sposarti in tutta tranquillità.

Il matrimonio non fa nascere una coppia, bensì due individui legati da patti giuridici basati sulla reciproca diffidenza. Dunque bisogna pararsi le spalle, prevenire trappole e infedeltà, tutelarsi dallo spread dell’amore che sale e scende in modo imprevedibile. Il matrimonio è tutto sommato un affare, che inizia, come ogni impresa commerciale, con molte speranze, buoni propositi ed ottimi sentimenti, ma che poi – non è colpa di nessuno – può naufragare”.

Redazione

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