Bioetica e religione ebraica: no all’utero in affitto, dibattito aperto sui trapianti di cuore
Aborto, utero in affitto, trapianto di cuore. L’evoluzione della scienza medica comporta il sorgere di complesse problematiche di bioetica con le quali tutte le culture e le religioni prima o poi devono confrontarsi. Quelle ebraiche stanno approfondendo questi e altri argomenti che rientrano nell’ambito delle questioni morali collegate alla ricerca biologica e alla medicina. Una testimonianza dello sforzo che la cultura e la religione ebraiche stanno facendo per alimentare la discussione in materia, in modo da delineare le regole che devono disciplinare il comportamento degli ebrei in determinati casi, l’ha data ieri Gadi Piperno, coordinatore delle attività per gli ebrei lontani del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane.
Parlando nel corso di un incontro organizzato dall’Associazione donne ebree d’Italia, Piperno ha definito alcuni concetti, spiegando comunque in via preliminare che «le risposte non sono ancora complete e non sempre omogenee. Dipende – ha spiegato – dai singoli temi. La Torah è un documento che non poteva prevedere situazioni frutto dell’evolversi del tempo, ma fornisce ugualmente i principi ai quali ispirarsi per decidere».
Sull’aborto Piperno è stato preciso: «Per la legge ebraica l’aborto non si deve praticare, se non nei casi di concreto pericolo per la salute della madre. Per fare un esempio – ha aggiunto – un medico anestesista ebreo non deve collaborare con uno staff medico che si appresti a praticare un aborto». Altrettanto preciso Piperno lo è stato sul tema dell’utero in affitto. «La religione ebraica è assolutamente contraria – ha sottolineato – perché la nostra legge proibisce che ci sia una situazione nella quale la madre che partorisce non è la stessa che dona l’ovulo. Se però il parto avviene lo stesso – si è chiesto – chi è la madre?».
Più complesso il ragionamento sulla possibilità di effettuare un trapianto di cuore. «Tutto dipende dal poter stabilire con esattezza il momento in cui un individuo è morto, per procedere con l’intervento. E qui i problemi si moltiplicano – ha proseguito – perché si può legare la morte al fatto che il cuore non batte più o alla definitiva conclusione dell’attività cerebrale. Nel mondo ebraico e nel pensiero rabbinico a questo proposito – ha concluso – l’analisi è ancora in piena evoluzione, perciò una disciplina precisa ancora non c’è». L’incontro è stato aperto da un intervento del Rabbino capo della Comunità ebraica di Trieste, Itzhak David Margalit, il quale ha tenuto a precisare che «bisogna parlare dell’etica dell’ebraismo piuttosto che di etica ebraica».
di Ugo Salvini