Nell’ordine, abbiamo dinanzi a noi: la guerra in Ucraina, una crisi energetica senza precedenti, rincari alle stelle e un’incertezza generale che paralizza mercati e che, con l’arrivo del prossimo autunno, rischia di avere conseguenze catastrofiche per il Vecchio Continente; per non parlare poi dell’inverno demografico, dell’immigrazione e di tanti altri fenomeni drammatici che dovrebbero essere neppure il pensiero, ma il tormento di ogni politico, tanto più se comunitario. Ciò nonostante, in Europa c’è chi proprio non riesce a mollare per neppure un secondo l’agenda abortista, portata di conseguenza avanti con un ardore a metà tra missione ed ossessione.
Il riferimento è, qui, ad alcuni europarlamentari provenienti dai gruppi S&D, Renew, Verts/Ale e La sinistra, che sono firmatari di una proposta di risoluzione la cui carica ideologica e mistificatoria pare avere davvero pochi precedenti. Formalmente centrata sulla «decisione della Corte suprema degli Stati Uniti di revocare il diritto all’aborto negli Stati Uniti e sulla necessità di salvaguardare il diritto all’aborto e la salute delle donne nell’Ue», la proposta di risoluzione condensa infatti tutto il peggio (o il meglio, a seconda dei punti di vista), del repertorio ideologico abortista.
Vi si trovano, per fare qualche esempio, la proposta di «inserire il diritto all'aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea» (2), l’invito al «governo degli Stati Uniti a garantire la protezione dei dati per tutti, in particolare per coloro che cercano, forniscono e facilitano l'aborto» (6), attacchi al non meglio precisato «flusso di denaro che finanzia gruppi contrari al genere e alla libertà di scelta nel mondo, anche in Europa» (9). Manco a dirlo, non c’è neppure un riferimento all’obiezione di coscienza, che agli occhi di quanti hanno redatto il testo di cui si sta parlando costituirà certamente qualcosa di orrendo, da mettere al più presto al bando. C’è di più.
Questa proposta di risoluzione vede tra i proponenti anche l’onorevole olandese Samira Rafaela, che è la stessa che non più tardi qualche giorno fa, mossa da una passione degna di miglior causa, aveva preso carta e penna per scrivere direttamente alla Presidente dell’europarlamento, Roberta Metsola, chiedendole se non quasi ordinandole di bandire dalle sale riunioni di Bruxelles e Strasburgo le lobby pro life. «Metsola ha ormai ricevuto la nostra lettera che chiede di togliere i badge ai lobbisti antiabortisti. Non c’è spazio nel Parlamento europeo per la loro tossica agenda contro le donne», aveva tuonato su Twitter l’onorevole Rafaela che, in qualche modo, rassicura trovare tra i firmatari della risoluzione di cui sopra.
Nel senso che i pur amari conti tornano e che si può davvero affermare, a questo punto senza alcun timore di passare per esagerati, che in questi giorni in seno alle istituzioni europee è al lavoro un gruppo di europarlamentari che pare davvero non dormire la notte – infischiandosene non solo del diritto alla vita, questo sconosciuto, ma anche di possibili ingerenze sulle decisioni della Corte suprema americana, considerata alla stregua d’una corte tra tante – pur di promuovere l’accesso all’aborto, ovviamente spacciato come un toccasana per la libertà e pure per la salute della donna.
Che si stia parlando della soppressione di un essere umano nonché di un intervento che spesso ha conseguenze gravi e durature – sia sul piano psichico sia su quello fisico – ai danni della donna, a quanto pare, non conta. Quello che conta, nella prospettiva di alcuni, è solamente continuare a promuovere l’agenda abortista; anche a costo di negare la realtà, in primis quella del figlio concepito, e la libertà dei gruppi pro life i quali, sfortunatamente per qualcuno, non si possono più abortire: ma silenziare, censurare e privare di ogni sostegno economico, sì. Scusate, e questa sarebbe «l’Europa dei diritti»? Non serve un genio per capire che qualcosa, anzi ben più di qualcosa, sta andando storto.