31/12/2019

Unioni civili dimezzate dopo due anni: erano così urgenti?

In attesa di conoscere i dati del 2019, che si sta per concludere, è utile andare a fare un bilancio dei primi due anni e mezzo di unioni civili. Le statistiche parlano chiaro: il calo è nettissimo. Se già alla fine del 2017, era stato rilevato che le coppie “civilunite” dello stesso sesso rappresentavano lo 0,02% della popolazione, c’è da scommettere che, nei prossimi anni questa percentuale potrebbe ulteriormente scendere.

Andiamo a vedere i numeri: il dato aggregato del 2016-2017 parla di 6.712 unioni civili celebrate. Se si tiene conto che la legge Cirinnà è entrata in vigore dal luglio 2016, possiamo ricavare una media di circa 2.238 unioni civili tra persone dello stesso sesso a semestre nel primo anno e mezzo. Un numero di pochissimo inferiore a quello delle unioni civili celebrate nel 2018, ovvero 2.371. Ciò significa che nel 2018, si è andati incontro a un dimezzamento nel ricorso a questo nuovo istituto giuridico.

Significativo è il gap tra le regioni italiane, così come sono nette le differenze in base al titolo di studio. Più della metà (56%) delle unioni civili sono state sottoscritte al Nord, mentre quelle sottoscritte al Sud sono poco più di un decimo (12%). Crotone è l’unica provincia ancora priva di unioni civili nella sua anagrafe. La maggiore concentrazione di unioni civili si riscontra nelle grandi città del Centronord: una su quattro è stata celebrata a Roma, Milano o Torino. Tra i “civiluniti” del 2017, il 43,5 ha un titolo di studio universitario, a fronte del 42% di diplomati e del 14,5% con sola licenza media o elementare.

Un ulteriore dato interessante è rappresentato dall’elevata età media di chi ha sottoscritto un’unione civile tra il 2016 e il 2017: 49,5 anni per gli uomini e 45,9 per le donne. Ciò sta a significare che tra le giovani coppie non si riscontra quell’exploit dell’omosessualità di cui i movimenti lgbt fanno insistente propaganda. O quantomeno, la maggior parte delle coppie omosessuali hanno la consapevolezza di non poter porre propri legami affettivi sullo stesso piano di quelli familiari.

Se si mette a confronto il numero dei matrimoni celebrati nel 2018 con quello delle unioni civili tra persone dello stesso sesso celebrate nello stesso anno, il rapporto è di 1 a 82 a favore dei matrimoni. Anche in un paese sempre più secolarizzato, in cui la famiglia sembra diventare un optional, la stragrande maggioranza delle persone continua quindi ad avere un’impostazione culturale di tipo “tradizionale”.

Anche prescindendo da questo tipo di considerazioni, di fronte ai numeri impietosi che abbiamo visto, non resta che ribadire la nostra domanda di fondo: dov’è  la sbalorditiva “urgenza” e  che vari politici – Cirinnà in primis – e intellettuali avevano tanto sbandierato riguardo alle unioni civili?

 

di Luca Marcolivio
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