04/03/2016

Unioni civili: ma è proprio vero che le vuole l’Europa?

La legalizzazione delle unioni civili è necessaria: ce lo chiede l’Europa”. Lo abbiamo sentito ripetere continuamente, nei giorni caldi precedenti al dibattito-farsa e alla votazione bulgara del ddl Cirinnà-Alfano-Renzi in Senato.

Ma che vuol dire: “Ce lo chiede l’Europa”? Chi è “l’Europa”?

L’Italia aderisce a due trattati europei: il più noto è quello dell’Unione Europea (quella dell’euro, delle direttive, dei regolamenti, dei Trattati di Roma), che prevalentemente ci chiede soldi, austerity.

Subito dopo la guerra abbiamo anche firmato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, quella che ha istituito il Consiglio d’Europa e la CEDU, che è una specie di ONU in piccolo (quindi non ha alcuna forza normativa vincolante nei confronti degli Stati membri).

Ebbene: nessuno dei trattati che abbiamo siglato nell’ambito di queste due organizzazioni internazionali fa riferimento al matrimonio gay o alle unioni civili.

L’art. 9 della Carta dei diritti fondamenti dell’Unione Europea dice che “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”.

L’art. 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, dice che: “L’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi fondamentali che regolano l’esercizio di tale diritto”.

E’ vero che non sono ammesse discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale. Ma il matrimonio non è un ‘privilegio’ e, come abbiamo ripetuto più volte, è precluso ad una infinita categoria di persone, a prescindere dal loro orientamento sessuale.

Emanuele Bilotti, Professore di diritto di famiglia nell’Università Europea di Roma, ha spiegato su InTerris: “La Corte di Strasburgo [la CEDU, ndr], l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nel sancire che ‘ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare’, impone ai singoli Stati l’adozione di misure positive volte a garantire il rispetto della vita privata o familiare anche nella sfera dei rapporti interpersonali. Tuttavia, secondo la stessa Corte, nell’attuazione di tale obbligo gli Stati godono di un certo ‘margine di discrezionalità’. E in tale margine, sempre per la Corte di Strasburgo, rientra anche la scelta di estendere il matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso”.

Neppure in occasione della sentenza Oliari del 21 luglio 2015, la Corte di Strasburgo ha ingiunto che è necessaria l’introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso né che il riconoscimento in questione deve realizzarsi nella forma dello status (lo status è la situazione giuridica di chi è titolare di una serie di diritti e doveri collegati, come per esempio il cittadino, o – appunto – il coniuge).

Perciò, a chi continuerà a ripetere che Ce lo chiede l’Europa“, è corretto rispondere: “Non è vero!“.

E’ la solita montatura mediatica, frutto del lobbismo danaroso degli attivisti LGBT, che ha ben imparato dalla propaganda nazista che la menzogna ripetuta all’infinito diventa una mezza verità.

Redazione

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