Su Cielo TV andrà in onda un programma in cui Monica Cirinnà risponderà a domande sulle unioni civili. Una lettrice ci scrive: vorrebbe porglierne qualcuna anche lei.
«E vissero tutti felici e uniti civilmente. Com’è cambiata la nostra società con la legge Cirinnà».
È questo lo slogan del programma che andrà prossimamente in onda su Cielo Tv in cui proprio la senatrice Monica Cirinnà risponderà alle domande dei telespettatori in merito alla omonima legge.
Dunque, un programma assolutamente di parte, volto a presentare un quadro esclusivamente idilliaco della legge sulle unioni civili. Ma se è vero che in democrazia esiste la libertà di informazione, opinione e stampa, è anche vero che queste libertà presentano un aspetto passivo, indicato come il «diritto del cittadino a ricevere un’informazione caratterizzata da pluralismo di fonti, completezza, obiettività, imparzialità ed equilibrio» .
Allora ci disponiamo a diventare ipotetici partecipanti al programma suddetto.
Le domande da porgere sarebbero tante, forse troppe, tutte riconducibili a una: perché questo programma?
Se davvero l’Italia ha raggiunto una dovuta tappa di civiltà a seguito di tale legge, che necessità c’è di spiegare in che modo è cambiata la nostra società? Dovrebbe essere ovvia una risposta positiva che, intuito però l’intento del programma, così scontata non è. Infatti, una legge che regolamenta l’unione delle coppie omosex in maniera uniforme a quella della famiglia naturale, dimenticando i diritti dei più deboli, ossia i minori, più che presentarsi come un traguardo di civiltà, provoca una frattura incolmabile per la stessa società. E se questo rischio è percepibile a pelle da qualsiasi essere umano che abbia del buon senso (l’omofobia è tutt’altra cosa), ecco che allora serve la propaganda attraverso i mezzi di comunicazione...
Qual è la necessità di un programma nel quale chiarire quali diritti e in quali termini questi siano stati attribuiti alle coppie arcobaleno? L’unica novità è la possibilità per esse di unirsi in un’unione civile simil – matrimonio, visto che il “diritto” al matrimonio non esiste, come ha chiarito la Cedu nella sentenza del 09/06/2016. Nonostante tutto, la disciplina legislativa rimanda esplicitamente a quella del matrimonio.
Perché chiarire la ventata di felicità che questa legge ha apportato se quest’ultima era pensata, attesa e condivisa dalla quasi generalità della popolazione italiana? In realtà è una minoranza di una minoranza che crede che la legge sulle unioni civili ha finalmente permesso alle coppie arcobaleno di suggellare il loro amore. Ed è bene sottolineare che il diritto non si occupa di disciplinare i sentimenti (per questo è errato parlare giuridicamente di matrimonio avendo come unico parametro di riferimento l’amore). Inoltre con questa legge rimane all’oscuro un aspetto che cozza inevitabilmente con l’idea di un amore sigillato, ossia la mancanza dell’obbligo di fedeltà. Non è forse l’obbligo reciproco di fedeltà che assicura la stabilità del nucleo familiare? Come può una coppia in cui i coniugi non siano tenuti alla fedeltà reciproca iniziare un cammino stabile e assicurare stabilità per l’eventuale prole? Ancor prima, come può una coppia diventare unione e raggiungere la felicità se non le viene assicurata la possibilità di amarsi per tutti i giorni della loro vita indipendentemente da quello che accadrà? La realtà è che questa legge ha dato vita a degli aggregati sociali funzionali solo al soddisfacimento di piaceri egoistici.
In tema di adozioni, perché spiegare una legge della cui millantata incompletezza la senatrice Cirinnà verrà sicuramente a lamentarsi? Il gioco del programma sarà anche quello di premere psicologicamente e sentimentalmente sugli ascoltatori in merito alla presunta ingiusta impossibilità di adottare figli, senza chiarire però che la legge in questione, se da un lato esclude l’automatica estensione alle parti unitesi civilmente della legge sulle adozioni, dall’altra dichiara fermo quanto consentito dalla stessa legge. In altre parole, è già ammessa l’adozione in casi speciali.
Le coppie omosex hanno finalmente raggiunto una posizione di uguaglianza rispetto alle coppie etero? Il principio di uguaglianza sostanziale contenuto nella nostra Costituzione prevede che, a parità di condizioni, vengano attribuiti pari diritti. Alle coppie omosessuali erano già stati estesi tutti i diritti previsti per le coppie etero: nello specifico, ai conviventi, dello stesso sesso o di sesso diverso, sono riconosciuti tutti i diritti e i doveri relativi alla sanità, alle carceri, alla locazione, ai risarcimenti (invito fortemente a leggere il lungo elenco contenuto nella nota di riferimento).
L’unico diritto (abbiamo già chiarito quanto il termine sia inappropriato) mancante era quello del matrimonio e dell’adozione. Nel caso in questione, tuttavia, manca proprio il presupposto cardine per riconoscere un tale diritto alle coppie omosex, ossia la parità di condizioni con le coppie eterosessuali. Mentre le prime, infatti, non sono naturalmente predisposte alla procreazione, le seconde risultano esserlo. E questa è una differenza sostanziale e rilevante in quanto l’istituto giuridico del matrimonio nasce per assicurare stabilità non ai coniugi, ma alla prole che eventualmente nascerà. Dunque, un principio di uguaglianza che è stato impropriamente applicato per ubbidire al diktat di alcune potenti lobby tra i cui scopi non rientra di certo la situazione degli omosessuali. In ogni caso e per le ragioni esposte, ciò ha fatto sì che una minoranza acquisisse più diritti di un normale cittadino, tradendo proprio uno dei principi cardine della nostra democrazia, appunto il principio di cui all’art. 3 della Costituzione.
Quanto appena affermato è tra l’altro dimostrato anche dal fatto che, mentre nel disegno di legge originario, l’istituto delle unioni civili doveva essere previsto tanto per le coppie omosessuali quanto per quelle eterosessuali, le successive modifiche hanno fatto sì che tale istituto venisse pensato esclusivamente per le coppie omosessuali, potendo le coppie etero avvalersi solo di un altro istituto, quello della convivenza, presentato però con una impostazione legislativa più debole rispetto alle unioni civili. Come potrebbe spiegare la senatrice Cirinnà un tale trattamento fortemente discriminatorio?
Sarebbe interessante che la senatrice Cirinnà rispondesse anche a queste domande.
Antonella Ragaglia