Il ddl Cirinnà che introduce le unioni civili, anzi in-civili, e apre all’utero in affitto (per soddisfare le esigenze “familiari” di un noto Senatore), è davvero un obbrobrio. Anche per quelli che teoricamente dovrebbero condividerne i contenuti.
Ha ragione Raffaele Buscemi, di documentazione.info: si cerca di ridurre il dibattito sulle unioni civili del ddl Cirinnà, in una querelle tra i cattolici e tutti gli altri.
E invece la questione è fondata sulla ragione naturale. Tant’è vero che anche dalla sinistra radicale arrivano dubbi e si sollevano critiche.
Per esempio, Il Manifesto ha scritto: “Nel dibattito sulla maternità surrogata c’è un grande assente. Si tratta dell’art. 3, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce «il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro». In base a questa disposizione, contenuta in un documento che – ricordiamolo – ha oggi lo stesso valore giuridico dei Trattati, sono vietate nell’ambito dell’Unione non solo la vendita del rene o l’affitto dell’utero, ma anche la vendita di “prodotti” corporei come il sangue, gli ovuli, i gameti, che possono essere donati, ma non divenire merce di scambio sul mercato. La ratio di simili divieti è chiara: si tratta di impedire che soggetti in condizioni di debolezza economica e culturale compiano scelte a loro svantaggio solo apparentemente libere, in realtà tristemente necessitate. Là dove simili divieti non esistono, o sono rimossi, i diritti diventano, da fondamentali, patrimoniali: la salute e l’istruzione si vendono e si comprano, così come le spiagge, l’acqua potabile, l’aria pulita. L’ultima frontiera è quella della cannibalizzazione del corpo e dei suoi organi che, da «beni personalissimi», «la cui integrità è tutt’uno con la salvaguardia della persona e della sua dignità» (L. Ferrajoli), vengono degradati a beni patrimoniali, merce di scambio sul mercato capitalistico.”
Sull’Huffington Post, Dario Fo, pur essendo tendenzialmente favorevole al ddl ha detto: “Anche io ho dei dubbi su alcuni aspetti” ed è favorevole a lasciare libertà di coscienza sul voto circa le adozioni.
Perfino Pannella, su La 7, ha fatto un discorso piuttosto confuso su esperimenti e quant’altro, ma di fronte alla domanda diretta: “Lei voterebbe a favore del ddl?” non ha mica risposto “sì”!
Marco Politi del “Fatto quotidiano” ha scritto: “E’ un festival dell’ipocrisia il dibattito mediatico sulle unioni civili, se non si va al nocciolo della questione. Si vuole o no la donna-forno? L’insistenza sull’adozione è tutta ideologica: rivela la volontà di affermare che due padri, due madri o un padre e una madre sono un fatto identico e che la differenza delle storie va considerata irrilevante. E soprattutto va considerato irrilevante il modo con cui il bambino è venuto al mondo. Generato o prodotto? Non deve importare”.
E probabilmente anche persone decisamente favorevoli ai matrimoni gay, ma dotate di buon senso e di un minimo di cultura giuridica, sono poco propense all’approvazione di quel “pasticcio” che è il ddl Cirinnà: basti vedere questa grossolana contraddizione presente nella proposta di legge: alle unioni civili si applicano gli articoli sulla nullità del matrimonio, tra cui l’articolo 122 del codice civile, il quale stabilisce che il matrimonio (e quindi l’unione civile) è nullo se uno dei coniugi commette un errore essenziale sulle qualità personali del partner, tra i quali rientra la deviazione sessuale tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale, cioè l’omosessualità. Quindi, in forza del ddl Cirinnà, l’unione civile sarebbe potenzialmente nulla per l’omosessualità del partner!
Rendiamoci conto su che cosa stiamo discutendo, per che cosa stiamo perdendo tempo, energie, e – visto l’impegno dei parlamentari – anche i denari dei contribuenti.
Redazione