24/10/2024 di Luca Marcolivio

Usa. Arriva il referendum per finanziare ancora di più l’aborto con i soldi dei contribuenti

Negli Stati Uniti d’America lo scontro epocale tra aborto e diritto alla vita si manifesta nelle forme più disparate e a tutti i livelli politico-legislativi. Negli Stati governati dai Democratici, per esempio, la spinta verso normative sempre più pro-choice e mortifere trova una conferma con quanto sta accadendo in Colorado.

Il prossimo 5 novembre, nello stesso giorno delle elezioni presidenziali, nello Stato a cavallo tra Grandi Pianure e Montagne Rocciose, si terrà l’ennesima contesa referendaria, denominata Right to Abortion and Health Insurance Coverage Initiative”, che proporrà un allargamento del diritto all’aborto, imprimendo un’eventuale modifica costituzionale dagli effetti pesantissimi. Se approvato, l’emendamento consentirà il finanziamento pubblico alle politiche abortiste ed imporrà al governatore del Colorado – qualunque sarà il suo orientamento politico e ideologico – a non impedire il divieto di copertura assicurativa sanitaria per l’aborto.

A differenza dei cittadini di altri Stati chiamati a consultazioni referendarie su altri temi, agli aventi diritto del Colorado, verrà chiesto di dichiarare non solo che lo Stato non può discriminare l’interruzione di una vita umana nell’utero, ma che ogni cittadino del Colorado sarà obbligato a pagare per sopprimere quei nascituri con i propri soldi delle tasse. Inoltre, l’emendamento dichiara anche che la decisione di chiunque di porre fine a una vita umana nell’utero viene elevata al livello di una classe protetta. Ciò significa che qualsiasi azione da parte dello Stato volta a garantire che una donna sia pienamente informata sulla procedura d’aborto o a elaborare requisiti di salute e sicurezza per le strutture che lo praticano, sarebbe un atto di discriminazione. Si noti che questa nuova misura rappresenterebbe l’unica classe protetta che comporta l’atto di soppressione di un essere umano. In questo modo, verrebbe negata qualsiasi protezione di cui il bambino in grembo potrebbe godere, alla stregua delle protezioni contro le discriminazioni basate su etnia, genere, religione, e così via.

Il referendum previsto in Colorado non solleva soltanto interrogativi etici ma anche controversie di natura più prettamente giuridica e giurisprudenziale. Come argomentato nella Sezione V della sentenza Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization, l’aborto non è una forma di assistenza sanitaria, bensì la distruzione intenzionale di una vita umana innocente non ancora nata. Inoltre, come riconosce la Corte Suprema nella medesima sentenza, gli Stati hanno un legittimo interesse nel preservare la vita prenatale, mitigare il dolore fetale e proteggere la salute materna. L’emendamento all’oggetto del referendum in Colorado vorrebbe imporre ai cittadini di fare il contrario.

Le ricadute dell’emendamento “Pay-for-Abortion” – così è stato anche chiamato - sarebbero dunque devastanti, soprattutto per il benessere delle donne del Colorado e dei bambini che portano in grembo. Con l’aborto elevato a tali tutele, aumenterebbero a dismisura gli aborti forzati, promuovendo così la narrativa dannosa e falsa secondo cui l’aborto è necessario affinché le donne godano di uguaglianza ed emancipazione. In altre parole, attraverso questa riforma, verrebbe imposta una sola ed unica visione sulla vita nascente: quella della riduzione del nascituro ad una pura aggregazione di cellule, suscettibile di essere smaltita come un rifiuto biologico qualsiasi. Ai sostenitori del diritto alla vita sarebbe sostanzialmente negata la libertà di pensiero, imponendo loro finanche l’umiliazione di dover finanziare qualcosa che la scienza stessa qualifica come un omicidio ai danni del più innocente e indifeso degli esseri umani.

 

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