05/12/2013

Usa, denunciati i vescovi americani: «Le loro direttive agli ospedali cattolici mettono a rischio la vita delle donne»

L’American Civil Liberties Union ha fatto causa venerdì scorso alla Conferenza episcopale americana perché una donna, Tamesha Means, afferma di non essere stata curata in modo adeguato in un centro ospedaliero cattolico.

Un’associazione americana che si batte per la difesa delle libertà a cui «gli americani hanno diritto» ha denunciato la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, sostenendo che le direttive dei vescovi americani agli ospedali cattolici mettono in pericolo la salute delle donne incinte, spingendo i medici alla negligenza.

LA VICENDA. La denuncia dell’American Civil Liberties Union (Aclu) è stata presentata venerdì scorso alla Corte federale del Michigan in nome di una donna, Tamesha Means, che afferma di non essere stata curata in modo adeguato in un ospedale cattolico, il Mercy Health Partners di Muskegon (Michigan).
Secondo gli avvocati di Means, alla donna si sono rotte le acque quando era appena alla 18esima settimana di gravidanza. Corsa in ospedale, è stata rimandata a casa «senza che i medici le dicessero che il figlio non aveva quasi nessuna possibilità di sopravvivere e che lei rischiava per la sua salute».

COLPA DEI VESCOVI. Sempre secondo gli avvocati, la donna è tornata due volte all’ospedale senza che la facessero abortire e solo all’ultima visita Means ha subito un aborto spontaneo. Durante una conferenza stampa organizzata dall’Aclu per annunciare la denuncia dei vescovi americani, l’ospedale è stato accusato di «negligenza» perché «sarebbe potuto succedere un disastro, la madre ha rischiato un’infezione letale, poteva morire».
La cosa «inusuale» di questo caso, scrive il New York Times, è che l’Aclu non ha fatto causa all’ospedale ma ai vescovi, sostenendo che sono le loro direttive a mettere in pericolo la vita delle donne.

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di Leone Grotti

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