Il deplorevole crimine dell’utero in affitto sembrerebbe essere sdoganato in termini felpati e nel contesto di una Milano fieristica. Ci riferiamo, infatti, all’evento Un sogno chiamato bebè, che si terrà il 21 e 22 maggio presso lo Spazio Antologico-East End Studios. Una fiera – sulla falsariga di quelle già tenutesi a Parigi e Monaco – che tratterà e pubblicizzerà la fecondazione assistita. Una manifestazione che, però, già in passato si è poi trasformata anche in una aperta propaganda alla “gestazione per altri”.
Il tamtam promozionale della rassegna italiana, intanto, si è messo in moto, con i suoi toni infiocchettati e rassicuranti. L’evento, infatti, è presentato come un «vero luogo di scambio e condivisione», con lo scopo di fare informazione su fertilità, adozione e co-genitorialità: tutte questioni più che mai sentite da una generazione di coppie particolarmente afflitta dal dramma dei figli che non nascono.
NO alla fiera dell'utero in affitto in Italia! - FIRMA QUI!
Nell’ambito della fiera, «in un ambiente discreto e sicuro», i visitatori potranno confrontarsi con i «principali attori globali della fertilità, medici ed esperti in medicina di talento, associazioni, ecc.», che illustreranno «le diverse opzioni di trattamento disponibili nel mondo e una vasta gamma di soluzioni naturali, mediche e personalizzate». Viene poi specificato che l’evento è «puramente informativo e non saranno effettuate consultazioni mediche».
Le informazioni promozionali, però, non entrano affatto nei dettagli delle tecniche di fertilità che saranno oggetto della fiera. Il vero indizio che però ha tutto il sapore di una prova è nello staff organizzativo, lo stesso che, a suo tempo, aveva lanciato il Salone della fecondazione assistita di Parigi e altre iniziative analoghe in Germania e nei Paesi Bassi.
Gli inequivocabili contenuti hanno indotto l’opposizione in consiglio comunale di Milano – e la stessa Pro Vita & Famiglia - a lanciare un appello al sindaco Beppe Sala affinché annulli l’evento, con la Onlus che ha anche annunciato un esposto in Procura, affinché si vigili e si faccia luce sulla possibile commissione di reati. Se infatti – contrariamente a quanto palesemente esposto dagli organizzatori – sarà davvero fatta propaganda e promozione dell’utero in affitto, allora si prefigurerebbe un reato ai sensi della legge 40/2004, che punisce sia la gestazione per altri realizzata in Italia, sia la sua propaganda, con pene che vanno da tre mesi a due anni di carcere e la multa da 600mila a un milione di euro.
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A riguardo, la consigliera comunale leghista Deborah Giovanati ha firmato un’interrogazione urgente al sindaco. Persino dai banchi della maggioranza si sono sollevate voci contrarie, come quella del consigliere Paolo Petracca (Lista Civica Beppe Sala Sindaco), secondo il quale l’evento «mortifica la donna e si pone contro l’ordinamento italiano». A livello nazionale, si registra l’intervento della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che aveva già chiesto in passato a Sala di dichiarare «l’indisponibilità della città». Da parte sua il segretario del Centro di Aiuto alla Vita “Mangiagalli”, Francesco Migliarese ha ricordato che «la vita umana non si manipola, non si compra e non si vende» e ha chiesto che il sindaco «impedisca lo svolgimento di questa controversa iniziativa commerciale».
Ai malumori del centrodestra e dei pro-life si affiancano quelli delle femministe che, riunite nella Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, hanno denunciato: «L’intento è rilanciare un business, quello della compravendita dei bambini, “settore” che al pari di molti altri ha subito rallentamenti e perdite a causa della pandemia». L’associazione riferisce di aver a suo tempo chiamato in causa lo stesso sindaco Sala, il quale avrebbe «garantito che per l’evento non sarebbero stati concessi spazi pubblici, e che l’amministrazione non avrebbe altresì “concesso alcuna autorizzazione, patrocinio o altre forme di sostegno all'iniziativa”».
Alla luce di ciò, la Rete femminista ha chiesto al sindaco, alla giunta e al consiglio comunale se non ritengano di «doversi attivare preallertando le Forze dell’Ordine nonché intraprendendo qualsivoglia altra iniziativa atta a impedire l'annunciata violazione della legge italiana, che si realizza pubblicizzando una pratica che oltre a fare mercato di creature umane “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni”».
Secondo quanto rivelato da Avvenire, inoltre, i funzionari degli EastEnd Studios assicurano che gli organizzatori «hanno consultato i propri legali» prima di firmare il contratto. Apparentemente, quindi, sembra al momento essere tutto in regola.
L’analoga manifestazione parigina, tuttavia, non lascia ben sperare: anche in Francia, del resto, l’utero in affitto è illegale, eppure la fiera propagandò spudoratamente l’aberrante pratica, lasciando totalmente impuniti i responsabili. Resta da capire se l’Italia saprà tenere il punto o se l’ennesima illegalità verrà portata avanti nell’indifferenza generale.